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DA SAN FERMO A RODERO SULLE STRADE DEL
CONTRABBANDO
Numero speciale de "Il topo di biblioteca", n.12 b, 18 maggio
2003
CANI CONTRABBANDIERI E POLLI CONTRABBANDATI
Il
10 febbraio 1881 l’esattore comunale di Cavallasca Carlo Molteni consegnava
sei lire al seppellitore del comune Pasquale Mosconi come “retribuzione
di aver interrate le carogne di N 12 cani a tutt’oggi stati uccisi dalle
Guardie Doganali lungo la linea di sorveglianza del confine svizzero”.
Non viene detto perché le guardie avessero ammazzato gli animali, ma
non sembra troppo azzardato supporre che si trattasse di cani contrabbandieri.
La merce veniva messa addosso agli animali e quindi si indirizzavano verso la
linea del confine. Se andava male, ci si rimetteva la merce e il cane (le guardie
non andavano per il sottile ed abbattevano le bestie).
Chi faccia scorrere le pagine del quotidiano comasco “L’Ordine”
negli anni 1896 e 1897 troverà numerose notizie di cani contrabbandieri
di tabacco colti in flagrante ed uccisi da chi controllava il confine italo-svizzero.
Troviamo una notizia da Bizzarone già nel numero del 13 maggio 1896.
Tra il 19 settembre e l’8 ottobre di quell’anno sono ben sei gli
articoletti che annunciano l’uccisione di un cane contrabbandiere con
relativo sequestro di tabacco (da Bizzarone, Casanova, Uggiate). Entro la fine
dell’anno rintracciamo altri quattro casi (tutti da Bizzarone) ed altre
quattro notizie nei primi due mesi dell’anno successivo (sempre da Bizzarone
e, in un caso, anche da Ronago).
E’ lecito supporre che, di fronte a questi tentativi falliti, vi fosse
un numero ben più alto di successi e che, dunque, l’uso dei cani
per il contrabbando di tabacco fosse assai diffuso. Nel numero del 5 marzo 1897,
leggiamo: “Oggi sono principalmente i cani che si fanno agire: si vede
che la gente ama assai più mettere a repentaglio la pelle delle bestie
che non la pro[p]ria; ed è, dopo tutto la più ragionevole e natural
cosa!”
Dai cani contrabbandieri ai polli contrabbandati. Il 19 dicembre 1786, a metà
strada tra Trevano e Uggiate, vicino al confine svizzero, fu fermato il “pollarolo”
uggiatese Andrea Scacchi, che, “lanterna in mano”, portava nella
gerla sei capponi e un “pollino”, che gli furono sequestrati (gli
furono lasciati invece i funghi secchi). Andrea cercò di commuovere chi
lo aveva scoperto dicendo che era un “pover’Uomo, e di non rovinarlo”
e si offrì di regalar loro “la polleria, ed anche del denaro a
tenerlo segreto”. Dalle carte risulta che in paese era noto che Andrea
era un abituale “sfrosatore di Polleria”, nonostante i richiami
avuti dal titolare della ricettoria di Uggiate ed anche dal prevosto e dal vicario
della parrocchia. Quest’ultimo, peraltro, su incarico del prevosto, si
recò dal ricettore per chiedergli “di usare Carità”
verso Andrea e “di non fargli pagar la pena”.
Nell’aprile del 1788 Paolo Papis, “pollarolo” di Trevano,
fu colto in flagrante a Ronago, nel fondo chiamato la vigna di Togno, “al
labbro del Confine”, con otto paia di piccioni, undici dozzine e mezza
di uova di gallina, una gallina viva ed una morta. Il ricettore di Uggiate assicurava
che “di continuo questa gente [ovvero Paolo e sua madre Antonia Maria]
non fano altro che spropriare questi Paesi, de Simili Vittovaglie, e passarle
Clandestino allo Svizzero”. Interrogato davanti alla Congregazione municipale
di Como, Paolo di difese dicendo che era stato “obbligato dalla necessità,
perché sullo Svizzero sperava di ricavarne maggior vantaggio” e
che lo aveva “fatto per guadagnarsi qualche cosa, con che vivere, essendo
stato tempestato l’anno scorso, e ricerca dalla Congregazione Municipale
Carità, essendo un miserabile Giovine”, ma ricevette comunque una
multa ed il sequestro della merce. Metà del ricavato dell’operazione
(multa e ricavato della vendita dei beni sequestrati, detratte le spese per
il “mantenimento della Polleria” sino al momento della vendita)
furono assegnate a chi lo aveva sorpreso.
CHIESA E CONTRABBANDO
Anche il canonico della cattedrale di Como Giulio Cesare Gattoni parlava di
“galli” implicati nel contrabbando, ma, nel suo diario segreto,
i “galli” non erano i pennuti animali, ma gli odiati francesi. Gattoni,
solitamente ben informato, scriveva alla fine del 1798 che “li Contrabandi
a danno della Finanza sono immensi” e che avvenivano con la complicità
dei soldati francesi. Due anni prima aveva annotato un episodio in merito avvenuto
a Cavallasca: “un corpo di battitori viddero una quantità di contrabandieri
carichi di tabacco, ed erano scortati da otto galli con arme da fuoco, si mandarono
alcune schiopettate vicendevoli, senza alcun male, ed ognun andò per
la sua strada portando quelli la mercanzia al suo destino”. Peggio andò,
l’anno seguente, ad un abitante di Gaggino, ucciso mentre fuggiva dopo
essere stato scoperto mentre tentava di contrabbandare un sacco di grano.
Se il canonico puntava il dito contro i francesi, i ministri della Repubblica
Italiana lo facevano contro i parroci. Nel 1802, il ministro per il culto Bovara
indirizzò ai prefetti del Lario, del Mella e del Serio una lettera in
cui chiedeva loro di “eccitare lo zelo de’ Vescovi” per ottenere
la collaborazione dei parroci nella repressione del contrabbando. Il ministro
delle finanze, infatti, gli aveva fatto sapere “che l’indifferenza
per non dire la connivenza de’ Parrochi ne’ Paesi di confine favorisce
i Contrabbandi, i quali vanno con grave scandalo, e detrimento dello Stato moltiplicandosi”.
Era un “dovere de’ Sagri Ministri, i quali hanno una principale
influenza sulle coscienze, massimamente de’ Villici, il porre argine ad
un disordine che porta seco l’idea d’un vero furto di rendita pubblica,
distrae dalla vita utilmente operosa, ed è scala a più gravi delitti”.
Qualche decennio dopo, in occasione della visita pastorale del vescovo Romanò
(1840), ai parroci fu chiesto di compilare un questionario. Tra le numerose
informazioni richieste, vi era “Se vi siano pubblici abusi, o scandali,
e come si potrebbero togliere”. Per quanto riguardava la pieve di Uggiate,
uno degli “abusi” indicati era proprio il contrabbando.
“Per quanto a me consta” scriveva il prevosto di Uggiate Carlo Somaini
“grazie a Dio non vi sono in questa mia Parrocchia pubblici abusi o scandali,
tranne il contrabbando da alquanti esercitato, e voglia il Signore, cui lo prego
di cuore, che non si estenda questo abuso cotanto pernicioso alla buona morale”
(in una lettera dell’anno successivo si diceva che i contrabbandieri si
servivano nei loro traffici della chiesa di Somazzo, sotto la parrocchia di
Uggiate). Anche il parroco di Bizzarone segnalava “il contrabando, il
quale certamente produce demoralizzamento ne costumi ed indifferenza nelle cose
di Religione”. Se per il prevosto di Uggiate “la sola sua Mano [=
del Signore] può mettere riparo a questo rovinoso torrente”, il
parroco di Bizzarone suggeriva un rimedio: “Si potrebbe impedire se i
compadroni sotto il dominio de’ quali sono li suddetti Contrabandieri,
vi si opponessero con energia”. Il parroco di Cagno scriveva che fino
al 1835, quando i suoi parrocchiani andavano a Stabio per le Quaranta Ore, si
abbandonavano poi ad “osterie, ammoreggiamenti, balli e festini [...]
e da ultimo anche contrabbando colle sue conseguenze”, disordini che erano
scomparsi quando era stata concessa la celebrazione delle Quaranta Ore a Cagno.
Pienamente soddisfatto dei suoi fedeli era il parroco di Drezzo Giuseppe Butti:
“Quantunque il paese sia collocato vicino al confine, non vi sono mali
gravi, né per contrabando, ne per aperti scandali ne abusi pubblici”.
Nelle informazioni per la successiva visita pastorale (vescovo Carsana, 1874),
però, a Bizzarone e Uggiate tra i colpevoli di scandali non troviamo
più i contrabbandieri, ma le guardie doganali. Per il curato di Bizzarone
“di quando in quando sono la causa di qualche scandalo sia in materia
di costumi, come nel diffondere massime cattive, antireligiose ed empie”.
Da Uggiate si segnalava che gli unici “giornali cattivi” in paese
erano quelli acquistati dal municipio e dalle guardie.
TENTATIVI SFORTUNATI
Restiamo in quegli anni e spostiamoci al tribunale di Como. Numerose sono le
sentenze che riguardano il contrabbando di tabacco nei nostri paesi. Non erano
solo gli abitanti del luogo a tentare lo “sfroso” dalle nostre parti.
Nel 1866, per esempio, la maggior parte dei condannati per contrabbando nel
territorio di Parè era di Cermenate. Era di Maccio Santo Innocente Scacchi,
il contadino trentenne che, sorpreso a Parè con 8 chili e mezzo di tabacco
estero dichiarò “che quell’involto, gli fu affidato pel trasporto
da ignoto individuo in Isvizzera e che desso, non sapeva cosa vi fosse contenuto”.
La spiegazione non fu reputata credibile e Santo Innocente fu dichiarato colpevole.
Tra gli imputati per contrabbando troviamo anche donne. Nel marzo del 1866 una
contadina di Rodero e due ragazze nate in Svizzera e con residenza – dicono
le carte – sia in quello stato che a Rodero furono sorprese tra Casanova
e Bizzarone con quasi nove chili di tabacco nella gerla. La ragazza che portava
in quel momento la gerla e la contadina, che ammise di averla portata in precedenza,
furono condannate. Fu assolta, invece, l’altra ragazza perché si
poteva solo affermare che era in loro compagnia, il che non bastava per dire
che avesse “concorso al Contrabbando o facilitatane l’esecuzione”.
Giuseppe Ghielmetti, detto Ross per il colore dei capelli, venticinquenne contadino
di Gaggino, colto con le mani nel sacco nei pressi di Somazzo, tentò
di corrompere una guardia doganale e, di fronte al rifiuto della guardia, lanciò
minacce e, più concretamente, un sasso. Resta da aggiungere che qualche
mese dopo la stessa incorruttibile guardia ricevette una condanna a tre mesi
per aver sottratto due coperte di lana dalla caserma.
Un curioso tentativo di corruzione fu quello messo in atto dell’oste Fortunato
Corti, nativo di Vergosa (l’odierna San Fermo della Battaglia) che fece
un’ “offerta di venti o trenta lire e di alcune bottiglie di vino”
agli agenti “perché non facessero caso del tabacco di contrabbando
che gli rinvennero”. La cosa strana è che il tabacco, invece, era
stato importato legalmente, come dimostrava la “bolletta” del dazio.
L’oste, dunque, fu assolto dell’accusa di contrabbando, ma si prese
una condanna per tentata corruzione, azione che restava illecita “anche
per fatti che per se stessi non costituiscono reato od atto ingiusto”.
DA SAN FERMO A RODERO SULLE STRADE DEL CONTRABBANDO
Ricerche e testi di Giorgio Castiglioni.
Cartolina con il cane contrabbandiere: dalla collezione di Ermanno Genovese.
Fonti:
Cani contrabbandieri e polli contrabbandati. Archivio Comunale
di Cavallasca, cart. 12 (1881), 8-3. - “L’Ordine”, anni 1896
e 1897, passim. - Archivio di Stato di Como, Archivio Storico Civico,
Carte sciolte, cart.83, fasc.18; cart.89, fasc.112.
Chiesa e contrabbando. Giulio Cesare Gattoni, Giornale
Gallo-Cisalpino scandaloso che contiene i fatti accaduti entro le mura della
mia patria dal 1796 al 1801 (Biblioteca Comunale di Como, ms 4.6.1), pp.94,
530, 921. - Giorgio Castiglioni, Giulio Cesare Gattoni, Cavallasca ed il
confine svizzero, in “Studi della biblioteca comunale di Cavallasca”,
2 (2000), pp.9-12. - “Foglio officiale della Repubblica Italiana”,
I (1802), pp.246-247. - Archivio Storico della Diocesi di Como, Visite pastorali,
CCI, fasc.4, pp.11, 77, 125, 193; CCIX, fasc.4, pp.52, 90; Protocolli,
1841, n.1280.
Tentativi sfortunati. Archivio di Stato di Como, Tribunale
di Como, Sentenze correzionali, 8 (1866), 9 (1867).