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STUDI DELLA BIBLIOTECA COMUNALE DI MOLTRASIO
1 (2001), pp. 5-12

GIORGIO CASTIGLIONI

PRATICHE RELIGIOSE CONTRO GLI ANIMALI NOCIVI

In una vita di santa Grata, leggiamo che un tempo a Moltrasio e Vercana comparvero dei lupi ferocissimi che attaccavano gli uomini, penetravano nelle case, rapivano i bambini e li uccidevano. Non si osava più uscire di casa per timore delle belve. Gli abitanti fecero allora il voto di recarsi ogni anno in pellegrinaggio a visitare i corpi dei santi Alessandro e Grata e furono così liberati dai lupi [1].

BREVI PONTIFICI CONTRO GLI ANIMALI NOCIVI
Moltrasio è anche uno dei paesi (insieme a Schignano, Cerano, Castiglione, Casasco, Argegno, Pigra, Brienno, Laglio, Carate, Urio, Muggio e Cabbio) che ottennero, nel 1722, un breve pontificio contro i lupi e gli orsi [2].
Dopo che gli abitanti avessero osservato un triduo di digiuno, fatto una processione e dato qualche elemosina ai poveri, il vescovo di Como poteva, in virtù di questo breve, assolverli da ogni "maledizione ed altre censure e pene ecclesiastiche" nelle quali, anche inconsciamente, fossero incorsi attirando su di loro tale sventura e, a nome di Dio e del papa, benedire le persone, i campi e qualunque altro bene ed intimare alle bestie di non molestare più in alcun modo gli abitanti e di "fuggire di fronte alla sacrosanta Croce che mostrerai loro".
Non si tratta di un caso unico. Nell'archivio diocesano sono conservati, oltre a quello ora citato, alcuni altri. Il testo di questi documenti seguiva un modello fisso nel quale erano inseriti di volta in volta i nomi delle comunità a vantaggio delle quali erano redatti e dell'animale, o animali, che recavano loro danno, sempre seguiti dalla formula "o spiriti immondi".
Nel 1711, il breve era concesso alla pieve di Locarno, che allora faceva parte della diocesi di Como, contro i lupi [3], nel 1712 ai paesi di Gravedona, Colico, Dosso, Traversa e Peglio contro animali nocivi non meglio precisati [4], nel 1732 a Gordona, Samolaco, Mese, Prata e Novate contro lupi, topi, uccelli rapaci e bruchi [5], nel 1768 agli abitanti di Ascona [6] e nel 1770 a quelli di Ponte, in Valtellina [7], contro gli animali nocivi (non viene detto quali) che li tenevano in ansia, nel 1787 a quelli di Livigno contro i topi [8] e nel 1793 ai fedeli di San Giacomo di Chiavenna contro gli orsi [9].
Edward Payson Evans scriveva che nel 1740 il comune di Piuro "acquistò da Sua Santità" un documento del genere e "nello stesso anno il consiglio comunale di Chiavenna dibatté se fosse lecito o meno far richiesta a Roma di un interdetto contro scarafaggi ed orsi; e infine, nel dicembre del 1752, fu proposto dalla stessa assemblea di prendere altrettanto sommarie misure per sgominare un'invasione di roditori" [10].
Diverso esito aveva avuto, secondo quel che leggiamo in una raccolta di "singolarità storiche", una supplica rivolta dagli abitanti di Brunate, Civiglio e Ponzate al vescovo alla metà del XVII secolo perché si intimasse ai bruchi detti popolarmente gatte ("gattis vulgo nuncupatis") di non recare più danni. Dalla curia fu risposto che, come non si può rivolgere un'ammonizione ai matti, tanto meno la si può indirizzare agli animali [11].

LA CHIAVE DI UGGIATE E I CANI RABBIOSI
Presso la parrocchia di Uggiate è tuttora conservata una chiave cui era attribuito il potere di sanare chi era morso da cani o altri animali malati di rabbia. La chiave è lunga 44 centimetri, con anello non del tutto chiuso e mappa rozza. Ad un terzo circa della lunghezza a partire dall'estremità con l'anello, in direzione perpendicolare a quella dell'anello e della mappa, è inserita una teca ovale che accoglie una piccola reliquia di forma quadrata attribuita a san Pietro [12].
In un volume manoscritto conservato presso l'archivio parrocchiale di Uggiate, troviamo la seguente annotazione:

1610 à di ultimo dicembre:
A sempiterna memoria qui vien notato, come al Nome di Dio et per gratia et intercessione di S. Pietro Prencipe degli Apostoli al cui nome è dedicata la Chiesa plebana, collegiata, et parochiale nel presente loco di Ugiate Diocesi di Como, nell'istessa si ritrova una Chiave di ferro, quale affocata nella cima toccando nel mezo del palmo della sinistra mano per opera et applicatione del Prevosto ò altro suo luoghotenente, sana li morsicati da' cani, e' altri simili animali arabiati, mediante la feda in Nostro Signore et detto Santo, purche dopo non li sia fatta altra applicatione di rimedio si naturale come artificiale, essendosi fatta l'esperienza per longo tempo, del quale à memoria de huomini, non si trova principio, essendo ciò ancora passato per traditione dalli ministri vecchi di detta Chiesa in altri Successori per molte centanara d'anni; et Acciò che più facilmente tali morsicati possino ottenere la desiata sanità, s'esortano dopo à dire inanti all'altare maggiore in detta Chiesa cinque pater, et altretante Avemarie, in memoria della passione di Nostro Signore Giesù Cristo, et à Honore del suddetto Santo. [13]

Nella visita del 1713 si ordinò di togliere dalla aedicula dove era tenuto l'olio santo per gli infermi la "clavis oblunga ferrea, quae in ea custoditur, et qua obsignantur fideles adversus morsus canum rabidorum" e di riporla altrove [14].
La chiave di Uggiate non è un caso unico. In una relazione per la visita pastorale del 1775 a San Pietro in Gera, nella diocesi di Lodi, è annotato che "si custodivano due chiavi di ferro, dette appunto di S. Pietro, che servivano per benedire i morsicati da cani affetti da rabbia" [15].
"A' 6 d'Ottobre [1782] un contadino di Bremgarten applicò ai feriti le chiavi di S. Uberto, fattele prima bene arroventare, e abbruciando profondamente e d'intorno i luoghi delle ferite. Questo bastò perché niuno di essi abbia mai dato il menomo indizio di rabbia." Secondo un professore di chirurgia dell'università di Friburgo, Mederer, era proprio questa procedura a produrre la guarigione. Egli riteneva "che le tanto celebrate chiavi di S. Pietro, e di S. Uberto ai feriti da' cani rabbiosi a principio si applicassero infocate, e che quindi nascessero le guarigioni, che poi cessarono, quando si cessò di usarle arroventate." [16]
Anche Giuseppe Baronio riponeva fiducia nel "metodo del taglio e dell'ustione", a suo giudizio "quello, da cui unicamente si può sperare la guarigione, essendo questo un mezzo assai opportuno a dilatare la ferita, e mantenere lungo tempo un abbondante scolo d'umori" [17]. Ed anch'egli citava il caso del contadino di Bremgarten e del "ferro rovente da lui tenuto per sagro, e lasciatogli da' suoi Progenitori, ch'essi conservavano sotto il nome di chiave di S. Uberto" [18].
Di parere contrario sarà invece, qualche decennio dopo, un decreto del Ministero degli Interni del 26 maggio 1854 "sul modo d'impedire lo sviluppo della rabbia negli animali e della idrofobia negli uomini" nel quale si precisa: "E' da notarsi che lo sviluppo della rabbia non s'impedisce nullamente [...] colla scottatura colla chiave di Uberto" [19].
E di parere contrario era stato, l'anno precedente, anche il Commissariato del Distretto Primo nei confronti della chiave di Uggiate.
In una lettera alla deputazione comunale di Uggiate, il commissario ricordava la "sgraziata emergenza" dell'8 febbraio 1853 quando "venne ricoverata in questo Civico Spedale la ragazza Maria Corti d'anni 9. di Drezzo [20] affetta da idrofobia, in causa della quale dovette miseramente soccombere dopo sole tre ore di degenza". Era dunque opportuno seguire scrupolosamente le norme in materia. Il commissario passava quindi alla chiave:

E siccome vien fatto credere che gli abitanti dei contorni di Uggiate si sottraggono nei casi di morsicature fatte dai cani idrofobi alle misure prudenziali dirette a prevenire lo sviluppo della rabbia, non ricorrono all'opera del medico e si lusingano invece con vane speranze negli effetti e nelle virtù di certe chiavi benedette esistenti in Uggiate, s'incarica pertanto codesta Deputazione [Comunale di Uggiate] [...] di far avvertire dal pulpito cotesta popolazione dell'obbligo, che corre a tutti di assoggettarsi alle cautele sanitarie prescritte dai Regolamenti in simili emergenze, e di diffidare codesto Reverendo Sig. Parroco o chi per esso ad astenersi dal fomentare qualsiasi superstiziosa credenza [21].

Il prevosto di Uggiate Luigi Moiana fu del parere che tale lettera offendeva "la mia onoratezza, perché mi nota come fomentatore di superstiziose credenze e mi mette a fascio cogli impostori ed imbecilli, che colla mira di un turpe lucro si abusano della Religione presso qualche ammalata del volgo più ignorante", quella "degli altri Parrochi di questa Pieve, perché [...] partecipi o almeno consapevoli e non impedienti del crimine che a me più direttamente viene imputato", e "l'onore de' Superiori Ecclesiastici, che debbono comparire colpevoli di una dannevolissima trascuratezza nel permettere da tempo immemorabile un'abuso [sic] (se tale fosse il fatto in discorso) sì notorio".
La chiave, scriveva il prevosto, "serve di custodia e di sostegno alla Reliquia", riconosciuta come autentica. "Il Sacerdote [...] da a baciare al morsicato la detta Reliquia con alcune parole di avviso ad implorare da Dio coll'intercessione dell'Apostolo il perdono delle sue colpe e la preservazione da temuta disgrazia corporale". La fede non era riposta dunque nella chiave, ma nella reliquia in essa conservata: se si parlava della chiave era semplicemente perché "si nomina il contenente per il contenuto". Ma dire che una reliquia non può avere virtù di guarire "è lo stesso che sentenziare inutile il culto delle Sante Reliquie, e questa è un'eresia formale". Dal momento che non vi era alcun contrasto tra questa pratica e l'ottemperanza alle norme in materia, "si poteva raccomandare l'osservanza delle prescrizioni sanitarie senza spargere il disprezzo sulle cose religiose" e senza "mettere un Parroco al livello di que' scimuniti o furbi, che per accattare non senza rossore un tozzo di pane vendono scempiaggini in materia religiosa a qualche gonzo" [22].
Il prevosto inviò la lettera al vicario generale della diocesi di Como Ottavio Calcaterra chiedendo un parere [23]. Questi rispose che la "rimostranza" del prevosto aveva "tinte troppo forti e risentite" e che il commissario Cattaneo, anche se in quell'occasione aveva usato parole "alquanto eccedenti", era un uomo "buono e religioso" ed invitò il prevosto a far presenti le sue ragioni in "una maniera più mite, e più consentanea allo spirito ed agli insegnamenti del Vangelo" [24].

LE CAVALLETTE NELLA BASSA VALTELLINA
Nel 1859, il Pian di Spagna, presso Colico, fu invaso dalle cavallette.
Nella parte conclusiva di un articolo dedicato all'evento pubblicato sull'"Almanacco della Provincia di Como", Alessandro Tassani scriveva:

Il volgo abituato alle illusioni si abbandona facilmente a siffatte superstiziose credenze, ed io non mi meravigliai all'udire, che anche in quest'ultima invasione di locuste nel Piano di Spagna, alcuni di quei buoni villici avrebbero portato il loro obolo ad un ministro di religione con preghiera di scongiurare i malefici insetti e di stornare il flagello. Il buon senso per altro, e le persuasive insinuazioni delle persone meglio veggenti, gioveranno a riconvincere anche i più zotici dell'erroneità di questi grossolani pregiudizj [...] [25]

Non diversamente pensava il governatore della provincia di Sondrio Torelli. In una circolare "Ai Reverendi Signori Parroci" datata Sondrio 8 luglio 1860, egli sosteneva che, se delle cavallette "si fosse fatta raccolta, facilmente si sarebbe troncato il male". Le raccomandazioni del governo furono seguite da alcuni comuni, ma "altri o fecero poco o nulla" e così "il male che sembrava restringersi ai Comuni che circondano il Pian di Spagna, si è già esteso assai, ne sono invasi quasi tutti i Comuni del mandamento di Traona, ed alcuni di quello di Chiavenna e Morbegno". Non si doveva perdere tempo: "Oggigiorno non hanno ancora l'uso delle ali ed in sul mattino sono intorpidite, e per istinto di natura si raccolgono assieme talché il terreno ne è letteralmente coperto per larghi tratti. Opportunissimo è ancora il tempo per farne incetta". La popolazione non doveva "rimanere impassibile" e "abbandonarsi ad un colpevole fatalismo", ripetendosi piuttosto che "Chi s'ajuta Iddio l'ajuta". I parroci erano invitati a spiegare ai fedeli "come sia temerità voler supporre che la Provvidenza cambi le leggi di natura per far sparire con mezzi soprannaturali questo flagello che è nella piena facoltà dell'uomo attivo il far cessare" [26].
In una lettera indirizzata al vescovo di Como Giuseppe Marzorati ed alla quale era allegato un esemplare della circolare ora citata, Torelli lamentava il "poco frutto" raccolto dagli inviti a raccogliere i dannosi insetti. "Mi vien detto invece" proseguiva "che si preferisce farle maledire; anzi mi venne anche riferito che si fece fare un triduo" [27].
Il vescovo assecondò la richiesta del governatore e scrisse una circolare ai parroci della Valtellina chiedendo loro di far sapere ai parrocchiani "ch'è peccato tentare Iddio e che in fatto lo tenta qualunque mettendosi le mani in mano ne aspetta inoperoso miracoli, perché la Provvidenza [...] non esclude, sibbene invece suppone e domanda la previdenza e l'attività nostra. [...] Il Vangelo [...] insegna non il fatalismo, ma sì la fiducia in Dio che ajuta gli sforzi dell'uomo, che è intelligenza e libero arbitrio". Marzorati non escludeva però che si impiegassero anche mezzi spirituali, purché non ci si limitasse ad essi: il parroco "vorrà pure ordinare delle funzioni religiose a propiziare l'Iddio delle misericordie; ma le vorrà ad un tempo rigorosamente associate alla pratica costante, attiva, universale dei mezzi suggeriti nella citata Governativa Circolare" [28].

ESORCISMI CONTRO GLI ANIMALI NOCIVI
Nel 1928, il parroco di Monte Olimpino, nel suo bollettino parrocchiale, attaccò le superstizioni che vedeva nel suo "gregge", tra le quali le richieste di "scongiuri alle formiche, ai topi, alle mignatte, al carbonchio dei bachi ecc." [29]
Gli atti delle visite pastorali del vescovo di Como Adolfo Luigi Pagani (1926-1930) ci offrono l'opportunità di verificarne la diffusione a quei tempi nel territorio diocesano. Tra le domande che componevano il questionario che i parroci dovevano compilare, una riguardava, infatti, l'eventuale uso degli esorcismi "contra mures, locustas, etc." (contro topi, cavallette, etc.).
Nella maggior parte dei casi, la risposta a questo punto manca o segnala che non si usavano esorcismi.
Per il parroco di Bianzone era meglio non servirsene "per non favorire superstizioni e demolire l'aureola del sacerdote" [30]. Da Sondalo si rispondeva che "in questi tempi di evoluzione difficilmente sono richieste benedizioni che sappiano di superstizioso" [31].
Ma in molte località della diocesi gli esorcismi contro gli animali nocivi venivano ancora richiesti e praticati.
La facoltà di praticarli valeva "senza limiti" a Garzeno [32] e "per sempre" a Bedero Valcuvia [33], mentre era stata concessa solo "per una volta" a Stazzona [34] e "ad annum" a Drezzo [35]. Anche il prevosto di Rovellasca era "facoltizzato per un anno a dare esorcismi contra mures ecc." [36]. Il parroco di San Giuliano di Como rispondeva di aver avuto "facoltà dall'Ordinario orale con larghezza credo per tutte le volte che sarà richiesto il Parroco." [37]. Il curato di Boalzo, segnalando che i suoi parrocchiani gli avevano chiesto di pronunciarli contro le cavallette, coglieva l'occasione per domandarne la facoltà [38]. A Ferrera di Varese, l'uso degli esorcismi era stato "diverse volte richiesto", anche se non si era potuto soddisfare la domanda "perché manca la debita facoltà." [39]. La stessa situazione a Cassano [40].
Il parroco di Traona scriveva che nel 1927 gli era stato concesso, per il periodo di un anno, il permesso di compiere esorcismi contro i bruchi [41]. Anche a Bizzarone (dove però "non si danno esorcismi", ma solo benedizioni) tra gli animali nemici sono annoverate le "gataccie" (che sono, appunto, bruchi), oltre ai topi ed alle formiche [42]. Questi ultimi due animali erano colpiti dagli esorcismi ("ma sempre in forma privatissima e stando in casa parrocchiale") [43] del parroco di Colico Piano, che precisava anche il momento in cui tale intervento era necessario, quello della campagna bacologica [44]. Anche il parroco di San Salvatore di Como rispondeva di farne uso "specie in occasione della campagna bigatti" (i "bigatti" sono i bachi da seta) [45]. Il curato di Gera non ricorreva agli esorcismi, ma non faceva mancare la sua benedizione sui bachi [46]. Lo stesso accadeva a Maccio: "non si usano esorcismi – ma la benedizione ad bombicum" [47]. Sia pur "rare volte", anche al parroco di San Giuliano di Como era stato richiesto di contrastare con i mezzi spirituali i danni materiali delle formiche [48]. Da Carona di Teglio si scriveva che contro topi, vermi ed altro "si chiede l'autorizzazione tutte le volte che fa bisogno" [49].


APPENDICE

SANTA GRATA E SANT'ALESSANDRO LIBERANO MOLTRASIO E VERCANA DAI LUPI

In Cumana autem dioecesi sunt duae villae, quarum una Moltrasium, alia verò Vercana nuncupata est. Prope villas istas apparuerunt lupi rapaces, & ferae pessimae, quae invadebant homines, & intrantes domos, pueros asportantes interficiebant: sicque timor magnus & tremor invasit omnes, nec audebant exire ad opus suum, nec ad operationem suam etiam ad vesperam. Recordati sunt autem de sancta ac venerabili Grata, eo quòd monsaterium suum condam, possessiones ibi habere consueverat. Facto autem ab incolis terrae voto ad beatissimum Martyrem Alexandrum & ad beatissimam Dei Gratam, invênit se gens illa à feris pessimis protinus liberatam. Votum autem illorum fuit, ut quamdiu viverent semel in anno cum crucibus processionaliter corpus sacrosanctum martyris Alexandri, & corpus sanctissimum venerabilis Gratae, devotè ac solicitè visitarent. Quod votum longo tempore impleverunt, quamdiu duravit pax, & quamdiu gens illa vivebat, quae se tali voto astrinxerat. Veniebant autem cantantes & Sanctos laudantes: & gratias Deo, & beato Alexandro, & beatae Gratae multiplices referentes, quia eos à feris pessimis liberaverant.

FORMULA DEI BREVI CONTRO GLI ANIMALI NOCIVI (XVIII sec.)

Innocentius Papa XIII. Ven.lis Frater, seu dilecte fili salutem, et Apostolicam benedictionem. Exponi Nobis nuper fecerunt dilecti filij Universitates, et Homines Terrarum, seu Locorum de Schignano, Cerano, Castiglione, Casasco, Argegno, Pigra, Brienno, Laglio, Carate, Urio, Plebis de Nesso, de Muggio, Cabbio, Plebis de Balerna, et de Moltrasio, Plebis de Zezio vulgo nuncupat., Comensis dioecesis, quod cum eorum Agri, possessiones et Bona quaecumque a copiosa animalium nocivorum, praesertim Ursorum, et Luporum multitudine ita infestantur, ut maximum inde Universitatibus, et hominibus praedictis, ac Territorium Incolis damnum proveniat. Cum autem praemissa ob aliquam occultam maledictionem, aut censuras Ecclesiasticas a praedictis Universitatibus, Hominibus, et Incolis, aut aliquibus ex eis forsan incursas evenire possint, et ad Divinam in primis clementiam confugiendum sit. Nos divinam iram peccatis hominum promeren. quotidie crescentem, tunc maxime placari posse censentes, cum in publicis necessitatibus contrito corde divinam opem supplices exoramus, Fraternitati tuae, frater Episcope, seu discretioni tuae, Fili Vicarie, per praesentes iniungimus, ut per Te, vel alium in dignitate Ecclesiastica constitutum a Te deputandum Universitates, et Homines, Incolasque praedictos nostro nomine in domino moneas et horteris, ut praeterita reminiscentes, ac praesentia, et imminentia damna considerantes ad deum devoto, et contrito corde convertantur, ac peccatorum suorum veniam humiliter petentes, Spiritualibus, et temporalibus praesidijs, ac assiduis charitatis operibus, et humilibus supplicationibus suam fidem Catholicam, et spem sanctam perveniendi ad gloriam aeternam, ac charitatem in deum, et proximos necessariam augere satagant. Porro ut divinam gratiam, et peccatorum veniam, nec non id, quod nunc maxime postulant, promereri valeant, coelestes Indulgentiarum thesauros, quorum dispensatores in terris a Domino constituti sumus, illis elargiri decrevimus. Igitur eidem Fraternitati tuae, frater Episcope, seu discretioni tuae, Fili Vicarie committimus, et mandamus, ut indicto triduano ieiunio in Terris, et Locis praedictis, illorumque Territorijs, et facta aliqua publica processione arbitrio tuo indicenda, aliqua publica eleemosina in pauperes erogata, Universitates, et Homines, Incolasque praedictos a quibusvis maledictionis, alijsque censuris, et poenis Ecclesiasticis, etiam contentis in Bulla die Coenae Domini legi solita per eos, aut eorum antecessores ignoranter forsan incursis, auctoritate Apostolica hac vice dumtaxat per Te, seu alium a te deputandum, ut praefertur, absoluas, ac eos, eorumque personas, agros, possessiones, et Bona quaecumque ex parte Omnipotentis dei, et nostra benedicas; Animalibus vero nocivis, praesertim Ursis, et Lupis, seu Spiritibus immundis eis in damnum eorundem Universitatum, hominum, et Incolarum utentibus, ne agros, possessiones, et Bona praedicta perturbent, seu infestent, aut Universitatibus, hominibus, et Incolis praedictis nocumenta aliqua inferant, sed fugiant a facie sacrosanctae Crucis, quam illis ostendes, et maleficia sua ad gloriam domini nostri Iesu Christi relinquant ex parte eiusdem, et nostra praecipias, et mandes; Ac propterea omnibus utriusque sexus Christi Fidelibus vere poenitentibus, et confessis, qui dominica, aut alia die post expletum ieiunium a Te statuendum Sanctissimum Eucharestiae Sacramentum sumpserint, et Ecclesiam a Te praescribendam devote visitaverint, ibique pro avertendis huiusmodi calamitatibus, aut alias, prout unicuique suggeret devotio, pias ad Deum preces effuderint, plenariam omnium peccatorum suorum Indulgentiam, et remissionem misericorditer in Domino auctoritate nostra Apostolica concedas, non obstantibus constitutionibus, et ordinationibus Apostolicis, coeterisque contrarijs quibuscumque. Datum Romae apud Sanctam Mariam maiorem sub Annulo Piscatoris, die decima octava Iunij 1722., Pontificatus nostri anno secundo.

LA CHIAVE DI UGGIATE


NOTE:
[1] Vita Auctore Pinamonte Peregrino de Brembate Ex Ms. Bergomensi, in Acta Sanctorum Septembris, t.II, Antverpiae, apud Bernardum Albertum vander Plassche, 1748, p.249 (il testo è trascritto nell'appendice a questo articolo). Il passo è citato anche in una vita di sant'Alessandro in Acta Sanctorum Augusti, t.V, Antverpiae, apud Bernardum vander Plassche, 1741, pp.800-801. Su santi e lupi, GHERARDO ORTALLI, Lupi genti culture. Uomo e ambiente nel medioevo, Torino, Einaudi, 1997, pp.107-122 (i lupi di Moltrasio e Vercana sono citati alle pp.111-112 con n.203).
[2] ARCHIVIO STORICO DELLA DIOCESI DI COMO (ASDC), Titolo IX, Facoltà e indulti, cart.1, 1722, n.1. Il testo è trascritto nell'appendice a questo articolo.
[3] Ivi, cart.1, 1711, n.1.
[4] Ivi, cart.1, 1712, n.1.
[5] ASDC, Cantoni svizzeri, sottoserie Valtellina Bormio Chiavenna, 7/33. Ringrazio don Riccardo Vaninetti per avermi segnalato questo documento.
[6] ASDC, Titolo IX, Facoltà e indulti, cart.2, 1768, n.10.
[7] Ivi, cart.2, 1770, n.3.
[8] Ivi, cart.5, 1787, n.9.
[9] Ivi, cart.6, 1793, n.16.
[10] EDWARD PAYSON EVANS, Animali al rogo. Storie di processi e condanne contro gli animali dal Medioevo all'Ottocento, Roma, editori Riuniti, 1989, p.49 (il libro è del 1906). Cfr anche CARLO D'ADDOSIO, Bestie delinquenti, Napoli, Flavio Pagano, 1992 (edizione originale: Napoli, Luigi Pierro, 1892).
[11] [MAURIZIO MONTI], Alcune singolarità storiche della città di Como e del suo territorio. Almanacco per l'anno 1860, Como, Carlo Franchi, [prefazione: 1859], pp.94-95. L'autore riferisce che la data della richiesta era intorno al 1650. Non gli era possibile essere più preciso perché la parte del documento che la conteneva era stata "corrosa dai topi".
[12] Ringrazio il prevosto di Uggiate don Gian Luigi Vercellini per avermi permesso di consultare i documenti dell'archivio parrocchiale, mostrato la chiave-reliquiario e donato la foto riprodotta nell'appendice a questo articolo. Si veda anche il disegno di Leda Lanzatella per la copertina di questo annuario.
[13] Annotazione in un volume manoscritto in ARCHIVIO PARROCCHIALE DI UGGIATE (APUt), cassetto "Capitolo".
[14] ASDC, Visite pastorali, CVI, 61, 4 ("si rimovi dal medesimo luogo quella chiave di ferro, che dicesi aver virtù di sanare le morsicature de cani arrabbiati, e si conservi in altro luogo").
[15] ANNIBALE ZAMBARBIERI, Terra uomini religione nella pianura lombarda. Il Lodigiano nell'età delle riforme asburgiche, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1983, p.289 e n.85. Cfr anche PAOLO TOSCHI, Il folklore, Milano, Touring Club Italiano, 1967, p.87, dove si trova una foto dei "ferri di S. Vito" di Arpino (Frosinone), "guaritori della rabbia degli uomini e degli animali".
[16] Estratto di un opuscolo del sig. Mederer Prof. di Chirurgia nell'Università di Friburgo Sull'efficacia del Fuoco contro l'Idrofobia, in "Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti", VI (1783), p. 428.
[17] GIUSEPPE BARONIO, Ricerche critiche sui varj Metodi di cura per le morsicature dei cani arrabbiati, in "Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti", IX (1786), pp.222-225. Se la ferita si rimarginava prima che passassero due mesi, l'autore suggeriva di "usare ogni mezzo per riaprirla; e ciò si può eseguire con un caustico, colle scarnificazioni, e coll'aspergere in seguito la ferita colla polvere di cantaridi per eccitarne una valida suppurazione; oppure applicarvi l'unguento mercuriale reso irritante colla polvere stessa di cantaridi" (ivi, p.227). Sull'uso delle cantaridi in medicina, cfr il mio articolo Osservazioni meteorologiche, demografiche ed entomologiche del canonico Gattoni, in "Studi della Biblioteca Comunale di Cavallasca", 2 (2000), pp.23-24.
[18] BARONIO, Ricerche critiche, cit., p.226.
[19] Una copia in ARCHIVIO COMUNALE DI OLGIATE COMASCO, cart. 20, categoria 4, classe 4, fasc. 2.
[20] Maria Fiorinda Corti, figlia di Luigi e Giuditta Vimercati, battezzata il 16 giugno 1844 dall'allora parroco di Drezzo Giuseppe Butti. ARCHIVIO PARROCCHIALE DI DREZZO (APDr), Registro dei battesimi, alla data indicata. Cfr anche APDr, Libro degli atti di morte, alla data 8 febbraio 1853.
[21] APUt, cassetto "Reliquie", lettera del Commissario del Distretto Primo alla Deputazione Comunale di Uggiate, 17 febbraio 1853.
[22] Ivi, lettera datata Uggiate, 26 febbraio 1853.
[23] Ivi, lettera datata Uggiate, 2 marzo 1853.
[24] Ivi, lettera datata Como, 6 marzo 1853.
[25] A. TASSANI, Apparizione di locuste nel Piano di Spagna al nord del Lago di Como, in "Almanacco della Provincia di Como", XXIII (1860), p.85.
[26] Circolare del governatore della Provincia di Sondrio Torelli ai parroci, Sondrio, 8 luglio 1860, n. 7022-150. Una copia in ASDC, Titolo VIII, 1860-1870.
[27] Ivi, Torelli al vescovo di Como, Sondrio, 9 luglio 1860. Le stesse considerazioni di Tassani e Torelli erano fatte qualche anno dopo, all'altro capo dell'Italia, da Benedetto Destefani Amato: "Ai sacerdoti fu commessa la cura e il dovere di snidare questi distruttori dei campi, cogli esorcismi, colle processioni e con altre preghiere e religiose cerimonie, come si è fatto in questo anno in qualcuna delle contrade da me visitate; ma giammai vennero messi in pratica quei metodi che possono condurre allo scopo e che sono a noi possibili". BENEDETTO DESTEFANI-AMATO, Sugli insetti distruttori dei foraggi nelle campagne di Aci-Reale, Giarre e territori limitrofi, in "Rivista Europea", a. X, vol. XII n.s. (marzo-aprile 1879), p.132.
[28] Circolare Ai MM. RR. Parrochi della Valtellina, Dongo, 13 luglio 1860, n.1123. Una copia in ASDC, Titolo VIII, 1860-1870.
[29] [ETTORE CIVATI], Ridicoli, ridicoli!!, in "La Vedetta", n.5, giugno 1928, p.5.
[30] ASDC, Visite pastorali, CCXLVI, G, fasc.1. Qui e nelle note successive, il riferimento è, all'interno del fascicolo indicato, alla risposta alla domanda n.75.
[31] Ivi, CCLXVII, C, fasc.2.
[32] Ivi, CCXLIII, A, fasc.9.
[33] Ivi, CCXL, A, fasc.6.
[34] Ivi, CCXLIII, A, fasc.7.
[35] Ivi, CCXXXIX, B, fasc.5.
[36] Ivi, CCXXXIX, C, fasc.9.
[37] Ivi, CCXXXVIII, Città, fasc.5.
[38] Ivi, CCXLVI, E, fasc.4.
[39] Ivi, CCXL, A, fasc.9.
[40] Ivi, CCXL, A, fasc.14.
[41] Ivi, CCXLV, A, fasc.1.
[42] Ivi, CCXXXIX, B, fasc.7.
[43] Cfr Lipomo ("si usano esorcismi, ma non pubblicamente": ivi, CCXXXVIII, Zezio, fasc.13), Ponzate ("capita qualche volta d'usarne, mai però pubblicamente ed alla presenza di parrocchiani, e colla sola intenzione esplicita di recitare per divozione una preghiera approvata dalla Chiesa": ivi, CCXXXVIII, Zezio, fasc.12), Asnago ("siccome la si da privatamente non si è mai pensato di chiedere la debita autorizzazione": ivi, CCXXXIX, C, fasc.3), Cadorago ("riguardo gli esorcismi si fanno privatamente senza uso di indumenti sacri appunto per la riserva": ivi, CCXXXIX, C, fasc.18), Bernate ("Si usano gli esorcismi privatim, munito il Parroco di regolare facoltà": ivi, CCXXXIX, C, fasc.10).
[44] Ivi, CCXLIII, D, fasc.2.
[45] Ivi, CXXXVIII, Città, fasc.15.
[46] Ivi, CCXLIII, C, fasc.7. Cfr Blevio: "uso la formula di Benedictio ad omnia" (ivi, CCXXXVIII, Zezio, fasc.22).
[47] Ivi, CCXXXIX, C, fasc.2.
[48] Ivi, CCXXXVIII, Città, fasc.5.
[49] Ivi, CCXLVI, E, fasc.5.