BIBLIOTOPIA > PUBBLICAZIONI > MAH
MAH, n.34, dicembre 2013, pp.1-4
LIBRI
Stephen Jay Gould, Un
riccio nella tempesta : saggi su libri e idee, Torino : Codice, 2013.
Il libro, già pubblicato in italiano da Feltrinelli nel 1991 e ora riproposto
da Codice, raccoglie una serie di recensioni di Stephen Jay Gould.
Nella recensione a The youngest science di Lewis Thomas (pp.215-223),
Gould nota che la disponibilità di medicinali efficaci è una conquista
piuttosto recente. Il padre di Thomas, medico, non aveva molto a disposizione:
“con l’eccezione della morfina e della digitale, la maggior parte
dei farmaci somministrati dal padre di Lewis erano semplici placebo”.
Gould osserva che, tuttavia, “potevano svolgere nondimeno un’azione
efficace” (p.219) proprio per l’effetto placebo che nasceva dalla
presenza e dall’attenzione del medico e ritiene che questo aspetto si
sia un po’ perso: “il vecchio dottor Thomas rimarrebbe a bocca aperta
davanti ai progressi della medicina moderna, ma semplicemente non capirebbe
la perdita del contatto personale” (p.222). Ridare importanza a questo
aspetto, dunque, “sarebbe più che semplicemente gradevole; sarebbe
positivamente terapeutico” (p.223)
Recensendo Science: good, bad and bogus di Martin Gardner (pp.279-287),
Gould tributa un omaggio all’abilità dei prestigiatori e al contributo
che possono dare per smascherare tanti mistificatori. Essere scienziati, dice
lo scienziato Gould, non significa non poter essere ingannati da un trucco (ed
anzi aggiunge con modestia: “Io non riesco a capire neppure i trucchi
più semplici eseguiti con le carte” – p.282). Invita dunque
i colleghi scienziati a non sminuire l’arte degli illusionisti: “poiché
noi scienziati siamo sempre pronti a chiedere deferenza per le nostre capacità
professionali, potremmo almeno rispettare altre attività ugualmente difficili,
e non guardarle dall’alto al basso semplicemente perché si esplicano
sulla scena anziché nelle aule delle università” (p.282).
Da scienziato per il quale il sapere deve sempre essere condiviso, Gould non
può però nascondere un po’ di delusione quando si scontra
con i segreti dei prestigiatori: “benché io non biasimi Gardner
per il fatto di obbedire alle regole non scritte della sua corporazione dei
maghi, è frustrante sentirsi dire che qualcuno ha messo nel sacco un
gruppo di eminenti scienziati con un trucco noto a tutti i professionisti, per
poi essere delusi dall’osservazione che i maghi non rivelano mai i loro
trucchi” (p.284).
Il giudizio di Gould sul libro di Gardner è comunque molto positivo.
Non lo è invece quello su The turning point (pubblicato in italiano
da Feltrinelli con il titolo Il punto di svolta) di Fritjof Capra (pp.249-263),
che Gould ritiene “semplicistico e persino antirazionale” (p.252).
Le presunte somiglianze tra la scienza moderna e il pensiero dei mistici orientali
sono fallaci: “Capra non fa alcun tentativo di distinguere fra somiglianze
significative e somiglianze superficiali” (p.257). Per esempio Capra afferma
che “la complementarità delle descrizioni ondulatoria e corpuscolare
per i fenomeni atomici registra la stessa intuizione” del rapporto tra
yin e yang (pp.257-258), ma in realtà la somiglianza è negli occhi
di chi guarda e non in ciò che viene guardato.
Ancora più duro è il giudizio su Algeny di Jeremy Rifkin
(pp.265-277) che Gould descrive come “un opuscolo abilmente costruito
di propaganda anti-intellettuale, mascherato da opera di cultura. Fra i libri
spacciati come serie prese di posizione intellettuali di pensatori importanti,
non penso di aver mai letto un’opera più in malafede” (p.266).
Gould, a ragione, contesta vivacemente il “rozzo determinismo socio-economico”
di Rifkin, secondo il quale teorie scientifiche come l’evoluzionismo sarebbero
“semplici riflessi di un’ideologia sociale” (p.267), e smentisce
del tutto il presunto declino dell’evoluzionismo: “le asserzioni
di Rifkin non hanno alcun rapporto con ciò che io ho osservato e praticato
nel corso di 25 anni. La teoria dell’evoluzione non è mai stata
più sana o più eccitante di oggi. […] io penso di poter
mostrare, analizzando la sua cultura traballante e il suo fondamentale fraintendimento
della scienza, che il suo mondo è un’invenzione costruita per convalidare
le sue speranze private” (pp.268-269). Gould sottolinea i grossi errori
di Rifkin. Dire che l’evoluzionismo sostiene che “tutto si evolse
per caso” significa non averlo compreso: il sorgere delle variazioni è
casuale, ma non è casuale la selezione (p.269). Quella degli equilibri
punteggiati, scrive Gould, che ne è il creatore insieme a Niles Eldredge,
“è una teoria sulla comune speciazione […] e non su catastrofi”,
come afferma erroneamente Rifkin (p.270). Gould rimprovera a Rifkin anche l’uso
di scorrettesse come citare le frasi a metà (anche in questo caso Gould
è coinvolto in prima persona: “Rifkin mi cita sull’argomento
dello stadio incipiente di strutture utili […]: «Stephen Jay Gould
di Harvard pose il dilemma quando osservò: “Di che vantaggio è
una mezza mascella o una mezza ala?”». E’ vero, io posi il
dilemma, ma poi feci seguire come risposta un intero saggio a favore della soluzione
di Darwin fondata su una diversa funzione negli stadi intermedi.” –
p.272) o “la confutazione di ciò che i propri oppositori non si
sono mai sognati di dire” (p.273) o che “hanno confutato già
da molto tempo”, come la “legge biogenetica” di Haeckel (pp.273-274).
James D. Tabor - Simcha
Jacobovici, La tomba perduta di Gesù, Milano : Piemme, 2013.
Un’antica tomba scoperta a Gerusalemme, nella località
di Talpiot, sarebbe per gli autori il luogo di sepoltura di Gesù. A dimostrarlo
sarebbero nomi e simboli incisi sugli ossari contenuti nella tomba, a partire
da un Gesù figlio di Giuseppe. Ammesso che il nome sia proprio Gesù
(la parte iniziale della scritta non è chiarissima), si deve tenere conto
che Gesù e Giuseppe erano nomi usati frequentemente. Gli stessi autori
riconoscono che questa coincidenza, da sola, non sarebbe dunque affatto notevole,
ma ritengono che lo diventi se si prende in esame insieme agli altri nomi incisi
sugli ossari trovati nella tomba. C’è un Joses figlio di Giuseppe
(un fratello di Gesù, come riferisce Mc 6,3, si chiamava Joses). C’è
una Maria. Tale nome però era molto comune e non ci sono indicazioni
sull’ossario che rivelino quale parentela avesse con quei Gesù
e Joses: poteva essere la madre dei due, ma anche una sorella o una figlia o
altro. Ci sarebbe poi una Mariamne ricondotta dagli autori alla Mariamne che,
negli Atti di Filippo, è la sorella di Filippo. Tabor e Jacobovici ritengono
che questa Mariamne sorella di Filippo sia Maria Maddalena (p.64) e sostengono
che sarebbe presente nella tomba di famiglia come moglie di Gesù. Che
la Mariamne degli Atti di Filippo sia da identificare Maria Maddalena è
in realtà tutt’altro che certo e persino se lo si accettasse non
sarebbe così rilevante dato che si tratta di un testo tardivo non utilizzabile
come fonte storica per i tempi di Gesù. La stessa lettura del nome sull’ossario
come “Mariamne” è peraltro molto dubbia (per un’analisi
dettagliata si può leggere l’articolo di Michael S. Heiser Evidence
real and imagined : thinking clearly about the “Jesus Family tomb”,
reperibile in rete).
L’idea stessa che Gesù fosse sposato con Maria Maddalena, pur essendo
diventata molto popolare, si scontra con l’assenza di riferimenti nei
testi. Questo, però, non scoraggia gli autori che, anzi, affermano che
“ci sono occasioni in cui il silenzio di un testo la dice lunga”
(p.163). L’argumentum e silentio è usato in riferimento
a I Cor 7,25. Secondo gli autori, se Paolo, parlando del celibato, non porta
Gesù come esempio, si dovrebbe ritenere probabile che il silenzio indichi
che sapeva che era sposato (p.184). Ovviamente è un’argomentazione
molto debole. Per completezza, va detto che in quel passo Paolo consiglia di
non mutare il proprio stato e ciò vale anche per chi è sposato
(“Ti trovi legato a una donna? Non cercare di scioglierti. Sei libero
da donna? Non andare a cercarla.” – I Cor 7, 27). Gli autori insistono
sulla misoginia di Paolo (p.174; a p.261 parlano di “denigrante insistenza”)
e citano come prova I Cor 14, 34-35 che, però, è con ogni probabilità
un passo non scritto da Paolo, ma interpolato successivamente nella sua lettera.
Tabor e Jacobovici prendono in considerazione anche l’ossario di Giacomo
(pp.200-225). Gli autori si mostrano propensi ad accettare l’autenticità
dell’iscrizione che lo attribuisce a un Giacomo fratello di Gesù
e suggeriscono che debba provenire dalla tomba di Talpiot. Tuttavia gli studi
effettuati portano a conclusioni contro la genuinità dell’iscrizione
e non c’è base fattuale per ricondurlo alla tomba di Talpiot.
Silvio Garattini,
Fa bene o fa male?, Milano : Sperling & Kupfer, 2013.
Il libro è un’ottima guida nel mondo della medicina
e dei suoi problemi, esposti con rigore scientifico e con un linguaggio accessibile
a tutti.
Garattini sottolinea che i dati della ricerca medica dovrebbero sempre essere
resi pubblici (pp.23-24). Andrebbe ridimensionato il ruolo del marketing, cui
sono destinate troppe spese (pp.26, 44). Il nome più noto può
far nascere l’idea che si tratti di un prodotto più efficace del
farmaco equivalente, ma Garattini nota che, avendo lo stesso principio attivo,
l’equivalente avrà, come dice la parola, lo stesso valore offrendo
i vantaggio di un prezzo più contenuto (pp.14-18). Un nuovo farmaco,
anche se magari spinto dalla pubblicità, non è necessariamente
migliore di quelli già presenti sul mercato (p.18) e l’autore sostiene
anzi che per avere l’autorizzazione a essere messi in vendita i farmaci
non dovrebbero semplicemente dimostrare di avere un effetto superiore al placebo,
ma anche di essere migliori dei farmaci in uso (pp. 27-28, 45-46, 50-51). Garattini
sottolinea l’importanza dei farmaci (un esempio sono i vaccini –
pp.19-21), ma insieme ricorda che devono essere usati in modo corretto e che
è bene evitare una “medicalizzazione” della vita (pp.82-87,
201-204). L’autore afferma che è un dovere civile curare la propria
salute con una vita sana (pp.77-81, 192-194) e punta il dito contro l’assunzione
eccessiva di alcool (pp.142-147) e contro il fumo (pp.148-152), invitando i
medici a dare per primi il buon esempio: senza mezzi termini, definisce “squallido”
vedere medici che fumano.
Garattini affronta anche un tema che suscita spesso vivaci polemiche, la sperimentazione
animale, facendo notare che non si tratta affatto di inutile crudeltà,
ma che, al contrario, è indispensabile per la ricerca medica e non è
possibile eliminarla (pp.231-235).
Alcune pagine sono dedicate alle cosiddette “medicine alternative”.
Garattini fa notare l’assurdità dell’omeopatia (pp.239-241).
Per quanto riguarda gli estratti di erbe, l’autore nota che “naturale”
(aggettivo che, peraltro, può essere ambiguo) non significa necessariamente
“buono”. Ci sono ovviamente diverse erbe che hanno effetti utili,
ma un farmaco basato sul loro principio attivo può rivelarsi migliore
dell’uso delle erbe perché permette di conoscere in modo preciso
la quantità del principio attivo presente in esso (pp.241-243). Anche
sull’agopuntura, Garattini è molto scettico: non ci sono ancora
prove convincenti che abbia un effetto reale, superiore al placebo (pp.243-244).
L’autore ritiene che i pazienti dovrebbero avere diritto a cure sanitarie
gratuite, ma non elude il problema della sostenibilità. La sua ricetta
è improntata al buon senso e al metodo scientifico: “considerare
prioritaria la prevenzione e rimborsare unicamente gli interventi diagnostici,
terapeutici e riabilitativi basati sull’evidenza” (p.192). A tale
buona norma dovrebbero attenersi anche i magistrati chiamati a pronunciarsi
su argomenti di carattere medico (cfr pp.117-119).
Massimo Polidoro,
Enigmi e misteri della storia : la verità svelata, Milano :
Piemme, 2013.
In capitoli di veloce lettura (l’autore ricorda che parte
dei testi è nata come articoli per le riviste “Focus” e “Focus
extra”, rivisti per l’occasione), Massimo Polidoro affronta con
razionalità presunti misteri e personaggi leggendari (da Robin Hood al
Pifferaio Magico all’Olandese Volante).
Uno dei classici della storia “misteriosa” è Atlantide. Nel
libro, Polidoro esamina in particolare, e scarta, la proposta di Flavio Barbiero
di identificare il mitico continente con l’Antartide (pp.65-76). Restando
in tema di geografia fantastica, l’autore riassume le storie della Terra
cava (pp.81-90): diversi autori, infatti, hanno sostenuto che il nostro pianeta
sarebbe vuoto all’interno e che in questa cavità ci sarebbe addirittura
una civiltà evoluta.
Un episodio “misterioso” recente (2009) è quello di una tomba
di Aalsum, in Olanda: il pesante coperchio di granito veniva trovato spostato
nonostante nessuno lo toccasse. La spiegazione era banale: la lapide era troppo
liscia e quando il freddo faceva ghiacciare l’umidità o l’acqua
piovana che finiva sotto il coperchio, quest’ultimo scivolava.
I rods sarebbero strani esseri volanti di forma allungata e dotati di varie
zampette: non visti ad occhio nudo, comparivano in foto e filmati. In realtà
si tratta di un effetto ottico: insetti che volano vicini all’obiettivo
lasciano una traccia chiara e le “zampette” sono prodotte in realtà
dai movimenti delle ali (pp.184-187).
Il libro comprende anche un’intervista a Joe Nickell (pp.321-330), che
parla di come affrontare razionalmente l’indagine su un mistero.
Clive Gifford, Tutto
quello che sai è falso!, Milano : A. Mondadori, 2013.
Ci sono nozioni che, pur essendo errate, sono diventate tanto
popolari che si imparano fin da bambini. Per esempio, è diffusa l’idea
che le gobbe di dromedari e cammelli contengano acqua e può capitare
che venga persino insegnato a scuola che diverse zone della lingua siano specializzate
nel percepire gusti diversi. Può essere quindi insieme divertente e utile
per i giovani lettori un libro come questo che, con testi semplici e una presentazione
grafica accattivante, smentisce una serie di affermazioni che circolano pur
essendo infondate (le due sopra citate sono confutate rispettivamente alle pp.37
e 23). Per esempio, la nota asserzione secondo la quale gli uomini usano solo
il 10% (o altra percentuale) del loro cervello non ha senso dal punto di vista
scientifico (p.20). Non è vero che unghie e capelli continuano a crescere
per un po’ dopo la morte (p.30). L’effetto Coriolis esiste, ma non
si può osservare nei lavandini (p.89). La muraglia cinese non è
visibile dalla Luna (p.140). Un dente immerso nella Coca Cola non si scioglie
in una notte (p.143).
Il libro giustamente dice che non è vero che i lemming si uccidano intenzionalmente
durante migrazioni di massa (p.47). Per la precisione, però, questo mito
non nasce con il documentario White wilderness. Per quanto questo documentario
l’abbia resa popolare, la leggenda girava da molto tempo.