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MAH, n.23, marzo 2011, pp.3-4

LIBRI

Stefano Mayorca, Enigmi, misteri e leggende di ogni tempo, Firenze - Milano : De Vecchi, 2010.
L’autore ha raccolto in questo libro un gran numero di casi “misteriosi”. Purtroppo manca un approccio critico e le interpretazioni sono quelle privilegiate dalle pseudoscienze.
Mayorca attribuisce le linee di Nazca ad una presunta “civiltà glittolitica” con conoscenze tecniche avanzate. Come prova a sostegno indica i due segmenti paralleli uniti a una zampa nella raffigurazione del ragno che rappresenterebbero “l’apparato riproduttivo dell’insetto” (p.73). Premesso che i ragni non sono insetti, il riferimento è ai ricinulei, un gruppo di aracnidi diverso dai ragni veri e propri (araneae), che hanno un organo riproduttivo su una zampa. Tuttavia il ragno di Nazca non ha nessuna caratteristica che lo faccia assomigliare più a uno di questi aracnidi piuttosto che a un qualunque ragno o altro aracnide di forma simile, né si può vedere nei due detti segmenti una somiglianza con l’organo riproduttivo dei ricinulei che, peraltro, è posto su un’altra zampa, la terza: i “glittolitici” avrebbero avuto così “avanzate conoscenze” da individuarlo, ma poi avrebbero commesso un errore tanto banale raffigurandolo sulla zampa sbagliata?
Del “mostro” di Campobello, trovato nel 1968, l’autore scrive che “risultò che erano i resti di una lucertola gigantesca” (pp.257-258). Si trattava invece certamente di un cetaceo e, guardando le foto scattate ai tempi, si può riconoscere, se non ci si fa trarre in inganno dal fatto che il cranio è messo sottosopra, anche la specie: era uno zifio (Ziphius cavirostris).
Mayorca sembra non escludere neppure l’autenticità delle ridicole foto delle fate di Cottingley (pp.221-224: nel libro la località è erroneamente chiamata Gottingley).
A essere davvero misterioso è, invece, il motivo per cui, a proposito del Triangolo delle Bermude, l’autore chiami in causa la meccanica quantistica e il teorema di Bell (pp.192-193). Oscuro è pure il senso di frasi in cui si parla di “organi del corpo, su cui è possibile intervenire al fine di ottenere mutazioni genetiche” e di un “processo utilizzato per trasformare esseri quasi animaleschi in individui superiori, sviluppandone le facoltà intellettive attraverso il trapianto di codici relativi alla conoscenza” (p.68).
Certamente all’autore piace fare il misterioso dato che si dichiara a conoscenza anche di “segreti più profondi che in questa sede non ci è dato disvelare” (p.240).
E’ curioso comunque che, pur vedendo delle prove dove proprio non ci sono, al contrario l’autore non le veda dove ci sono. A proposito dello sbarco dei Vichinghi in America scrive infatti che vi arrivarono “senza però lasciare tracce documentate volte a supportare la tradizione orale” (p.156). In realtà gli archeologi hanno trovato prove materiali degli insediamenti vichinghi nel continente americano.

Stefano Bagnasco, Andrea Ferrero e Beatrice Mautino, Sulla scena del mistero, Milano : Sironi, 2010.
Il libro è, come dice il sottotitolo, una “guida scientifica all’indagine dei fenomeni inspiegabili”.
Un primo passo dell’indagine è la valutazione delle fonti. E’ ovviamente ben diverso se la scoperta, o presunta tale, di un ricercatore, o presunto tale, viene presentata in un programma televisivo che punta sul sensazionalismo o in una importante rivista scientifica con peer review (ovvero il sistema per il quale l’articolo proposto per la pubblicazione viene prima fatto valutare da esperti del settore). Se una teoria rivoluzionaria viene ignorata dalle più autorevoli riviste del settore, bisognerà cominciare a chiedersi se si tratta davvero di una teoria rivoluzionaria o se non è, invece, semplicemente un’affermazione priva di fondamento.
Se si sta indagando su un evento inspiegato, si possono raccogliere le testimonianze di chi vi ha assistito, ma non si deve dimenticare che non si tratta di dati oggettivi. Anche un testimone in buona fede può commettere errori, anche grossolani, ed è possibile che nascano falsi ricordi di presunti fatti in realtà mai accaduti.
Esperimenti condotti senza le necessarie cautele potrebbero dare risultati apparentemente positivi, ma, in realtà, del tutto fuorvianti. Non a caso la scienza attribuisce un’importanza fondamentale alla presenza di un campione di controllo e al protocollo in doppio cieco (né lo sperimentatore né il soggetto dell’esperimento sanno se quest’ultimo ha a che fare con l’oggetto dello studio o con una simulazione, per esempio non sanno se il soggetto sta ricevendo il medicinale che si sta studiando o un placebo). Un esempio citato nel libro è quello delle uova “mummificate” (pp.115-117). Una persona aveva scoperto che, ponendo le mani sopra un uovo aperto in un piatto, tuorlo e rosso tendevano a solidificarsi in maniera che appariva inspiegabile. Le prove, in questo modo, riuscivano e il risultato era vero. L’introduzione di un campione di controllo, però, ha vanificato ogni interpretazione paranormale. E’ vero, infatti, che le uova su cui il soggetto imponeva le mani avevano questa solidificazione apparentemente insolita, ma lo stesso accadeva con altre uova alle quali non sovrapponeva le mani lasciate in altri piatti nel medesimo ambiente. Il fenomeno poteva sembrare curioso, ma era del tutto naturale e non aveva nulla a che fare con la presenza del soggetto.
Il libro sottolinea anche l’importanza di inserire gli oggetti che appaiono misteriosi e “fuori dal loro tempo” (i cosiddetti “ooparts”) nel loro contesto. Un esempio portato è quello di un manufatto della civiltà Vicús che sembra un modellino di uno schiacciasassi con ruote, cabina di guida e fumaiolo (pp.132-133, 139-142). Sarebbe decisamente un oggetto fuori tempo. Tuttavia esistono altri reperti dello stesso tipo in cui la somiglianza con quel mezzo è meno marcata. Dunque, uno di questi oggetti (si tratta di vasi a doppia camera) solo casualmente ha preso un aspetto che ricorda quello di un veicolo moderno. Un altro esempio, molto noto, è quello della lastra di Palenque (pp.142-148) che mostrerebbe un astronauta. Tuttavia, osservandoli raffigurati anche altrove, ci si accorge che gli elementi che formerebbero la presunta astronave sono in realtà tutt’altro.
Gli autori si occupano anche del “complottismo” (pp.161-188), un altro fenomeno al quale giova applicare un’analisi razionale che ne metta in luce le inconsistenze.