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MAH, n.6, dicembre 2006, pp.1-4
Leggende metropolitane
LA "MORTE" DI
PAUL McCARTNEY
di Giorgio Castiglioni
Una nota leggenda metropolitana del mondo della musica è quella secondo
la quale Paul McCartney sarebbe morto nel 1966, ma i Beatles avrebbero tenuto
nascosto il tragico evento e sostituito il loro bassista con un sosia, sottoposto
a chirurgia plastica per renderlo ancora più uguale all’originale.
Colti dai rimorsi, però, avrebbero anche disseminato nei loro testi,
nelle copertine e nei libretti dei loro album una serie di indizi che conducevano
alla presunta verità.
Da quando, nel 1969, è nata la leggenda, conosciuta come “Paul
is Dead” (“Paul è morto”, in sigla: PID), schiere di
fan dei Beatles e di amanti dei misteri si sono messi a cercare prove. Come
si dice, chi cerca trova. I presunti indizi sono tantissimi. Troppi, anzi, perché
qualcuno li ha trovati persino negli album precedenti alla data della presunta
morte (Cartocci 2005, pp.111-123). Vediamo alcuni dei più citati.
Nella copertina di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band sul braccio di
Paul McCartney c’è uno stemma sormontato, apparentemente, dalle
lettere OPD che significherebbero “Officially Pronounced Dead” (dichiarato
ufficialmente morto). Si tratta di “uno degli indizi “fondamentali”
e più considerati” della leggenda (Cartocci 2005, p.51). Tuttavia
lo stemma è stato rintracciato e si è scoperto che la sigla è
in realtà OPP. Officially Pronounced Paul, ci verrebbe da dire. In realtà
è lo stemma della polizia provinciale dell’Ontario (Ontario Provincial
Police).
“Un altro dei punti chiave di tutta la vicenda” (Cartocci 2005,
p.75) è il tricheco. Nella foto della copertina di Magical Mystery
Tour i Beatles indossano costumi da animali, uno dei quali è appunto
il tricheco, ricordato nella canzone I am the Walrus (Io sono il tricheco).
Secondo i sostenitori della leggenda, tale animale sarebbe un simbolo di morte.
Si è discusso su chi sia il tricheco. E’ John Lennon a cantare
“io sono il tricheco” e sembra certo che sia lui, e non McCartney,
il Beatle travestito da tricheco. I fautori della tesi del sosia ribattono che
nel libretto sotto il titolo I am the Walrus c’è scritto
“Little Nicola says: No, you’re not” (“Little Nicola
dice: No, non lo sei”) e in Glass Onion, canzone contenuta in
un album successivo, si dice che “Il tricheco era Paul”. Anche ammettendo
che il tricheco fosse Paul, resta però da dimostrare che sia un simbolo
di morte. Sinora è stato detto che così era in una cultura o nell’altra
(si è parlato persino della Grecia che non fa certo parte dell’habitat
del tricheco), ma nessuno ha mai saputo citare una fonte.
Sempre sulla copertina di Magical Mystery Tour, la scritta “Beatles”,
vista allo specchio, diventerebbe (ma la lettura non è chiarissima) un
numero di telefono chiamando il quale si sarebbe potuto ascoltare un messaggio
che aveva a che fare con la morte di Paul. Naturalmente non c’è
la minima prova a sostegno di questa affermazione.
In Strawberry Fields Forever si sentirebbe la voce di John Lennon dire
“I buried Paul” (“Ho sepolto Paul”). E’ “uno
degli indizi più importanti” (Cartocci 2005, p.39) ed è
finito recentemente anche in un romanzo di Stephen Amidon, nel quale un ragazzo
appassionato di Lennon, dopo aver accettato di tradire l’amico, dice:
“Ho sepolto Paul” (La città nuova, Milano : A. Mondadori,
2006, p.386). La voce di Lennon sul disco non è chiarissima e se uno
la ascolta con l’idea di sentire quella frase potrà sentirla. Sembra,
però, che le parole in questione siano in realtà “cranberry
sauce” (“salsa di mirtilli”) (Cartocci 2005, pp.39-40). Considerazioni
analoghe si possono fare per altre frasi “nascoste” nei dischi del
gruppo.
Si potrebbe continuare a lungo. Glauco Cartocci ha raccolto più di cento
presunti indizi in un libro pubblicato nel 2005 che ha anche presentato nell’ultima
edizione della manifestazione letteraria comasca “Parolario” insieme
ad Alessio Brunialti, autore a sua volta di un articolo pubblicato sul quotidiano
comasco “La Provincia” nel 1999. Anche Cartocci e Brunialti fanno
notare che molti degli “indizi” sono cadono alla prova dei fatti
e che alcuni sono decisamente assurdi (a proposito di uno di essi, Cartocci
commenta: “per me qui si sfiora la stupidità più assoluta”
– Cartocci 2005, p.90). Ritengono però che, anche eliminando tutti
questi, quelli che restano siano significativi per quantità e qualità
e non possano essere attribuiti semplicemente al caso (“Le coincidenze
non esistono” – Cartocci 2005, p.268). Scartando per ovvie ragioni
l’ipotesi che McCartney sia davvero morto, i due, come altri studiosi
della vicenda, giungono alla conclusione che i Beatles abbiano architettato
uno specie di “gioco artistico” (Cartocci 2006) disseminando apposta
alcuni “indizi” sulla “morte” del bassista nei loro
dischi. “Io sono convinto che i Beatles c’entrano”, ha ribadito
Cartocci a “Parolario”.
Da parte loro, i Beatles hanno sempre negato di avere avuto alcuna parte nella
nascita e nella diffusione della leggenda – perché non volevano
confessare che era un trucco per aumentare le vendite dei dischi, ribatte chi
vede nella leggenda lo zampino del gruppo. Cartocci ipotizza anche che, dopo
che Charles Manson, nel processo per la strage compiuta dalla sua setta, aveva
dichiarato di aver letto un invito alla violenza in una loro canzone, i Beatles,
per quanto l’interpretazione fosse del tutto infondata, avrebbero potuto
considerare più prudente negare di avere messo qualunque “messaggio
nascosto” nelle loro canzoni (Cartocci 2005, pp.190, 229).
L’ipotesi del “gioco artistico” dei Beatles è plausibile
e spiegherebbe certi indizi che possono sembrare troppo precisi per essere una
semplice coincidenza. Va aggiunto, però, che l’impressione che
possiamo avere sull’improbabilità di un fatto può rivelarsi
talvolta fuorviante.
Se l’oroscopo che un tale astrologo ha scritto per il segno di un lettore
nelle ultime dieci settimane ha sempre indovinato, il lettore potrebbe ritenerlo
un fatto che non può essere casuale. Prima di ritenere che l’astrologo
abbia incredibili poteri di divinazione, però, sarebbe interessante vedere
se per lo stesso lettore non sarebbero risultate altrettanto azzeccate anche
le previsioni per gli altri segni.
Sia ben chiaro: con questo esempio non si vuole assolutamente dire che il libro
di Cartocci sia paragonabile a un trattato di astrologia, né che la sua
ipotesi sul coinvolgimento dei Beatles valga quanto una previsione dell’oroscopo.
Al contrario, il suo studio è serio e documentato e la sua conclusione,
come ho detto, non è da scartare. Ritengo, però, che prima di
dare per scontato che gli “indizi” siano troppo precisi e quindi
si debba per forza pensare che siano stati inseriti appositamente, potrebbe
essere interessante vedere se un’analoga serie di “indizi”
non possa essere trovata anche nei dischi di altri gruppi.
Per questo articolo si è fatta una prova con un altro gruppo inglese,
i Clash. Non è stato difficile trovare diversi “indizi” e
se, come è successo con la leggenda di McCartney, in tanti si mettessero
a setacciare gli album del gruppo senza dubbio ne salterebbero fuori altri.
Tra l’altro, gli album dei Clash non hanno copertine e libretti particolarmente
elaborati (in una copertina affollata come quella di Sgt. Pepper si
potrebbe trovare la “prova” di qualunque cosa: un altro esperimento
interessante sarebbe quello di cercare negli album dei Beatles gli indizi per
inventare un’altra leggenda). Sotto questo aspetto, molti altri gruppi
potrebbero prestarsi ancor meglio a questa “caccia al tesoro”. Resterebbe
poi da valutare se le “leggende” così create abbiano lo stesso
peso di quella di Paul McCartney. Intanto presentiamo la nostra.
Come i Beatles, anche i Clash avevano un bassista di nome Paul (Simonon) ed
è appunto lui che si è scelto di fare “morire”. Come
anno del decesso possiamo scegliere il 1978, dopo la registrazione di Give
‘Em Enough Rope. Così, tanto per cominciare, possiamo trovare
un primo “indizio” nel fatto che a partire dall’album successivo
Simonon aveva cominciato a dare un maggior contributo alla produzione musicale
del gruppo e a mostrare una maggior padronanza del suo strumento. Nella leggenda
potremmo dire che il sostituto era più dotato dell’originale (nella
realtà la spiegazione l’ha data lo stesso Simonon: “avevo
imparato a suonare, quindi potevo metterci davvero del mio” – Pat
Gilbert, The Clash : Death or Glory : la vera storia, Roma : Arcana,
2006, p.288). “Dopo la registrazione”, dicevamo, ma prima della
pubblicazione di quell’album, perché la copertina può servirci
per la costruzione della nostra storia.
Forse l’indizio più spettacolare nella leggenda di McCartney è
quello relativo alla grancassa al centro della copertina di Sgt. Pepper.
Se si pone uno specchietto a metà della scritta LONELY HEARTS e si osserva
la parte superiore delle lettere insieme al riflesso nello specchietto si può
leggere I ONEI X HE DIE, che viene interpretato come “il 9 novembre (I
ONE = 11 ovvero novembre, IX = 9) lui muore”. La lettura della data è
un po’ troppo macchinosa, ma quel “he die” potrebbe apparire
inquietante, per quanto grammaticalmente scorretto: manca una S per il presente
“he dies” o una D per il passato “he died”. D’altra
parte, chi ritiene che le parole appaiano per coincidenza potrebbe far notare
che, se qualcuno avesse voluto inserire un “messaggio nascosto”,
non avrebbe fatto fatica ad aggiungere in fondo un elemento decorativo che nello
specchio si trasformasse in una D.
Spostiamo ora lo specchietto sulla scritta THE CLASH sulla copertina di Give
‘Em Enough Rope nella versione con il nome del gruppo e il titolo
scritti con caratteri dotati di svolazzi per farli somigliare a ideogrammi cinesi
pur restando leggibili come lettere del nostro alfabeto (ne esiste anche un’altra
in cui le lettere sono meno elaborate): leggendo, come si è fatto con
la scritta “Beatles” su Magical Mystery Tour, da destra
a sinistra compare la scritta HE ЖIB EH seguita da una croce (che, a differenza
del tricheco, è davvero un simbolo associato alla morte). HE ЖIB
in russo significa “non vivo” (aggettivo, non voce del verbo vivere),
per quanto la I dovrebbe essere sostituita dalla И (corrispondente alla
nostra I) e la B non è proprio chiarissima (comunque nel complesso non
si legge peggio del presunto numero di telefono). Inoltre sulla copertina c’è
un cadavere.
Un altro degli “indizi” più citati nella leggenda sui Beatles
è il fatto che nella foto di copertina di Abbey Road McCartney, bassista
mancino, tiene una sigaretta con la destra. Sulla copertina di Combat Rock
Simonon, bassista destro, tiene una sigaretta con la mano sinistra. In effetti,
non c’è motivo per cui un destro non possa tenere la sigaretta
con la mano sinistra e, ovviamente, viceversa non c’è motivo per
cui un mancino non possa tenerla con la destra. Come scrive Cartocci per McCartney:
“Il fatto che Paul tenga la sigaretta con la destra è secondo me
poco significativo; […] dire mancino non è la stessa cosa che dire
monco” (Cartocci 2005, p.101).
Vogliamo trovare altri “indizi”? Nella foto scelta come copertina
di London Calling si vede Paul Simonon nell’atto di sfasciare
il suo basso sul palco durante un concerto. Secondo Pat Gilbert, autore del
già citato libro sui Clash (p.311), è paradossale che quel gesto
fosse stato compiuto proprio da Simonon “che molto raramente ha maltrattato
i suoi strumenti”. La grafica della copertina (foto in bianco e nero,
prima parola del titolo in lettere rosa sul lato sinistro e seconda in lettere
verdi sul lato inferiore) rimanda chiaramente a quella dell’album di Elvis
Presley che portava come titolo nome e cognome del cantante. Elvis ai tempi
era morto, ma qualcuno raccontava che era vivo (un’altra nota leggenda
metropolitana del mondo del rock – cfr Polidoro 2006, pp.296-299).
Nella foto di copertina di Combat Rock, Simonon, oltre a tenere la
sigaretta con la sinistra, è in una posizione separata, sulla destra,
rispetto agli altre tre, compatti sulla sinistra, con Joe Strummer che si copre
un occhio con una mano: una posa curiosa che potrebbe senza dubbio ispirare
un creatore di leggende.
In due album il cognome Simonon subisce curiose metamorfosi. In London Calling
compare erroneamente come “Simon” dove è indicato come autore
di Guns of Brixton. Nell’album successivo (Sandinista!)
i nomi dei musicisti sono scritti a mano e nel cognome di Paul è lasciata
visibile la correzione da Simenon a Simonon. Se esistesse una leggenda sul bassista
dei Clash, i suoi sostenitori potrebbero dire che gli errori sono voluti per
far capire che non si trattava del vero Simonon. In questo caso, si può
pensare che l’errore su Sandinista! sia stato fatto di proposito
per fare un gioco di parole con il cognome del noto scrittore Georges Simenon.
Paolo Zaccagnini, autore di un libro sul gruppo, scrive che agli inizi di carriera
il cognome era modificato apposta “sperando di accaparrarsi un po’
di pubblicità gratuita sfruttando la gloria dello scrittore belga”
(Clash, Roma : Lato Side, 1982, p.10 – Non tutte le informazioni
di questo libro, però, sono attendibili: per esempio alle pp.38-39 l’autore
scrive che “per fare cosa gradita ai nordamericani” il brano I’m
so bored with the USA “venne cancellato dall’edizione americana
del disco provocando le giuste ire dei quattro Clash”. Difficile, però,
che i Clash potessero arrabbiarsi per tale motivo per il semplice fatto che
la canzone non fu affatto esclusa dalla versione statunitense). Per quanto riguarda
l’errore in London Calling, la mancanza delle due ultime lettere
del cognome “trasforma” il bassista dei Clash in un altro noto musicista,
Paul Simon (nello stesso album, anche il cognome di Mick Jones, dove figura
come co-autore di Spanish Bombs, è trasformato in “Bombs”
in omaggio al titolo della canzone).
Diamo un’occhiata anche ai testi? Nella citata Guns of Brixton
si parla di uno che viene ucciso e deve dire “goodbye to the Brixton sun”
(Brixton è il sobborgo di Londra da dove viene Simonon). Qualche altro
esempio: “London calling to the zombies of death” (London Calling),
“Somebody got murdered / His name cannot be found” (Somebody
Got Murdered), “The pink hearst is leaving at funeral speed driving
your heart away with the flowers” (Atom Tan), “I was gripped
by that deadly phantom” (Death is a Star).
PER SAPERNE DI PIU’
Alessio Brunialti, E’ morto McCartney : quello non è lui,
in “La Provincia”, 16 settembre 1999, p.40.
Glauco Cartocci, Il caso del doppio Beatle : il dossier completo sulla “morte”
di Paul McCartney, Roma : Robin, 2005.
Glauco Cartocci e Alessio Brunialti, intervento a “Parolario”, Como,
2 settembre 2006.
Massimo Polidoro, Elvis è vivo!, Casale Monferrato : Piemme,
2006 (il capitolo sulla “morte” di McCartney è alle pp.411-418).
http://it.wikipedia.org/wiki/Leggenda_della_morte_di_Paul_McCartney
http://en.wikipedia.org/wiki/Paul_is_dead
(e le pagine correlate elencate alla sezione “Clues”)
http://homepages.tesco.net/harbfamily/opd/index.html
http://www.massimopolidoro.com/podcasting/Lo_strano_caso_del_doppio_Beatle.mp3
(“podcast” di Massimo Polidoro)