GIORGIO CASTIGLIONI
STORIE FALSE DI VERI ANIMALI
parte II: animali terrestri
Relazione alla conferenza Storie falsi di veri animali, Moltrasio,
Biblioteca comunale, 19 aprile 2011
(parte I: animali acquatici, di Eletta
Revelli)
Lo struzzo infila la testa sotto la sabbia quando è in pericolo?
C'è persino un modo di dire: "sei come uno struzzo, nascondi la
testa sotto terra". Si riferisce a coloro che, in presenza di un problema,
preferiscono non guardarlo, come sperando che si risolva per il fatto che lo
si ignora.
La storia dello struzzo è antica. Ne parla, per esempio, Plinio dicendo
che lo struzzo (foto a fianco, da Wikimedia
Commons) è un animale così stupido che, quando viene attaccato,
nasconde la testa in un cespuglio (in Plinio è così, non sotto
terra) credendo che, non vedendo lui il predatore, anche il predatore non veda
lui. Già nell'antichità c'era comunque anche un'altra interpretazione,
che troviamo in Diodoro Siculo, vissuto poco prima di Plinio. Diodoro scriveva
che il comportamento dello struzzo non era stupido come si diceva, ma era anzi
intelligente perché, quando si accorgeva di non poter più sfuggire,
proteggeva in questo modo la testa che era la parte più delicata. Poi
il cespuglio è passato di moda e oggi parliamo della testa nascosta nella
sabbia.
Vero o falso? Se ci pensiamo un attimo, se un animale, di fronte a un predatore
che può attaccarlo, invece di scappare o difendersi (e lo struzzo ha
zampe molto robuste), nascondesse la testa sotto terra ignorando il predatore,
si sarebbe già estinto da un pezzo. Senza contare qualche difficoltà
materiale: come scavare un buco adatto per nascondere la testa e non soffocare
con la testa sotto terra. Quindi ci resta il detto, ma è FALSO.
Lo struzzo è protagonista di un cartone animato insieme a un coyote?
Le tre notizie più diffuse sugli struzzi sono: 1) è un grosso
uccello che non sa volare (ed è vero), 2) mette la testa sotto la sabbia
(e abbiamo detto che è falso), 3) è protagonista, insieme al coyote,
del famoso cartone animato.
Il cartone animato di cui si parla lo abbiamo visto credo tutti da bambini o
anche non da bambini. Uno dei due protagonisti è uno struzzo? La risposta
è no. Uno è un coyote. L'altro non è uno struzzo, come
generalmente viene creduto in Italia, ma un corridore della strada, un cuculide
il cui nome scientifico è Geococcyx californianus (Geococcyx
significa "cuculo di terra", californianus fa ovviamente
riferimento alla California, anche se l'areale di diffusione è più
vasto). D'altra parte, un coyote non potrebbe mai incontrare uno struzzo, essendo
il coyote un animale nordamericano. Un coyote può invece incontrare un
corridore della strada.
Il collo allungato del personaggio può ricordare uno struzzo, ma la coda
lunga, il ciuffo sulla testa e la struttura generale dell'animale ricordano
in modo più chiaro un corridore della strada. I colori, comunque, sono
inventati.
Nella versione originale è chiamato Road Runner, che è il nome
inglese dell'animale. Quindi è ufficialmente un road runner.
Lo struzzo è una "traduzione" italiana zoologicamente scorretta.
[dal pubblico: "ma è veloce?"] Abbastanza. Ma non
come quello dei cartoni animati. Va sui trenta chilometri all'ora.
Comunque questo cartone animato è anche una metafora della vita reale.
Quello che è intelligente e si impegna finisce sempre male. Road Runner
non è che sfoggi una grandissima capacità intellettuale: corre
e basta. Il coyote, che architetta piani veramente geniali, finisce sempre male.
Dunque anche a quest'altra domanda rispondiamo: FALSO.
Il gatto può ritrarre gli artigli in modo che non fuoriescano dalle zampe?
E' proprio vero che il gatto fa rientrare gli artigli nelle zampe? Vedo che qualcuno dice "falso". Allora abbiamo un po' esagerato nel mettere dubbi perché in questo caso è del tutto VERO.
E' una caratteristica dei felidi (magari non tutti bravi come i gatti: il
ghepardo li ritrae solo parzialmente). Il gattino, o un altro felide, può
protrarre e ritrarre gli artigli secondo la necessità. Se vogliamo trovare
qualcun altro che abbia questa capacità, possiamo citare un personaggio
dei fumetti, Wolverine. Per chi non lo conosce, Wolverine è il più
famoso degli X-Men, un gruppo di supereroi. Wolverine può estrarre e
ritrarre degli artigli, in maniera molto peculiare: escono infatti attraversando
la pelle e non scorrendo in appositi condotti come nelle zampe del gatto. Escono
bucando la pelle. Il nome Wolverine è quello dell'animale che in italiano
chiamiamo ghiottone (Gulo gulo). Questo animale ovviamente non ha artigli
che balzano fuori attraverso la pelle, però su di lui c'è una
strana leggenda, secondo la quale si riempiva di cibo oltre misura (non a caso
si chiama "ghiottone") e quindi usava per liberarsi un sistema curioso:
si infilava tra due alberi vicini e così si "spremeva", come
tra due rulli, come quando si schiaccia il tubetto per fare uscire il dentifricio
(naturalmente questo comportamente del ghiottone è FALSO).
Nei fumetti e nei film si racconta che Wolverine è un mutante che ha
la citata capacità di far fuoriuscire degli artigli, non però
dalla posizione dove sono le unghie, ma tra le nocche delle mani. I militari,
volendolo utilizzare come supersoldato, gli avrebbero rivestito lo scheletro
e questi strani artigli con un metallo speciale chiamato adamantio. Wolverine
ha pure un'altra proprietà che si abbina con quella degli artigli che
escono attraverso la pelle: la capacità di rimarginare istantaneamente
le ferite. In effetti, se a qualcuno uscissero così degli artigli, si
potrebbe pensare che si faccia delle ferite (e anche che si esponga al rischio
di infezioni). Qui siamo comunque nel campo della fantascienza. Ma è
possibile che esista un vero animale che fa uscire gli artigli o altro attraverso
la pelle? Cosa direste? Sento che qualcuno dice "vero" e vedo qualcuno
invece che scuote la testa per dire di no. No, il gatto non vale: gli artigli
non bucano la pelle per uscire. Comunque, per quanto possa sembrare incredibile,
esistono. Si tratta di alcune specie di rane della famiglia Arthroleptidae.
Per esempio, il Trichobatrachus robustus, una rana africana (il nome
del genere significa "rana pelosa", perché sul corpo ha qualcosa
che sembra del pelo). Oppure Astylosternus rheophilus o A. laurenti.
In realtà non si tratta di veri e propri artigli, ma punte ossee che
queste rane possono fare sbucare fuori attraverso la pelle. Gli artigli veri
e propri, invece, sono strutture cheratinose, non ossee. In generale le rane
non hanno artigli, anche se c'è un'eccezione, il gruppo degli xenopi,
una cui specie, Xaenopus laevis, è molto usata nei laboratori
per la sperimentazione dei farmaci. In Sicilia qualche xenopo è fuggito
tempo fa e si è formata una colonia in natura, che dà anche qualche
problema perché toglie spazio alle specie locali.
Dunque, alcune rane artroleptidi possono far uscire attraverso la pelle delle
punte ossee. E le ferite che così si fanno? Questo per gli anfibi può
non essere un grande problema: sono specialisti nel rigenerare tessuti. Ci sono
anfibi cui ricrescono dita tagliate. A cosa serve far fuoriuscire queste punte?
Secondo gli autori di uno studio, sarebbe un'arma difensiva. Si racconta che
le popolazioni africane che cacciano il Trichobatrachus per mangiarlo
evitino di prenderlo con le mani, ma lo uccidano con strumenti, proprio per
evitare di essere feriti. La punta ossea era già stata notata da qualche
studioso prima che si scoprisse che poteva farla spuntare fuori e si era ipotizzato
che potesse aiutare a far presa sul terreno.
Se siete rimasti sorpresi da questo, passiamo a qualcosa che è ancora
più sorprendente. Si tratta del Pleurodeles waltl, una specie
di salamandra. Siamo quindi sempre tra gli anfibi, ma, in questo caso, tra gli
anfibi caudati. Come lo xenopo che abbiamo ricordato poco fa, anche questo animaletto
è spesso usato in laboratorio. E' pure un viaggiatore spaziale: l'hanno
portato in un missione spaziale per fare esperimenti. Ha una particolarità
ancora più strana di quella di quelle rane artroleptidi di cui abbiamo
detto. Può muovere e inarcare le costole addirittura fino a farne fuoriuscire
le punte dai lati del corpo, bucando la pelle in corrispondenza a macchie di
colore arancione che potrebbero avere proprio la funzione di attrarre l'attenzione
di un potenziale predatore sulle punte che sporgono dal corpo. Si tratterebbe
di un adattamento difensivo.
Dunque, è VERO che il gatto
può protrarre e ritrarre gli artigli ed è pure VERO
che alcuni animali possono far uscire delle strutture appuntite attraverso la
loro pelle.
I lemming si uccidono in massa quando la popolazione cresce troppo?
Si racconta che i lemming, quando la popolazione cresce troppo, intraprendano
delle migrazioni che li portano fino al mare nel quale si buttano uccidendosi,
ristabilendo così l'equilibrio della popolazione. Il lemming che fa queste
migrazioni di massa è il lemming norvegese (Lemmus lemmus).
Molti roditori possono avere delle grandi oscillazioni demografiche. Le esplosioni
demografiche e le conseguenti migrazioni dei lemming erano molto evidenti e
anche preoccupanti: nell'aspetto sembrano topolini e come i topi potevano creare
danni ai prodotti alimentari. Se qualche topo nel granaio poteva dare fastidio,
immaginate come gli agricoltori potessero vedere una fiumana di lemming: un
flagello. Nelle descrizioni dei tempi si diceva che lasciavano dietro di sé
il terreno come fosse stato bruciato. Non meraviglia che un fenomeno così
rilevante e con ripercussioni pratiche abbia dato vita a leggende. Certo, oggi
alcune di queste leggende ci fanno ridere, ma non dimentichiamo che per chi
si trovava ad affrontare la migrazione dei lemming, la situazione era dura.
A vederlo, è un animaletto così carino, ma le migrazioni erano
un flagello.
Lemming norvegese
(Lemmus lemmus)
(foto di Frode Inge Helland da Wikimedia
Commons)
La prima domanda che gli uomini dei tempi di potevano fare era: da dove saltano
fuori tutti questi lemming? Come abbiamo detto, c'è una spiegazione scientifica,
legata alla fluttuazioni della popolazione. La spiegazione leggendaria era che
piovessero dal cielo. C'è stato chi ha tentato di dare un possibile fondo
scientifico a questa leggenda. Una spiegazione lo accostava al fenomeno della
pioggia di pesci o di anfibi, ma per i lemming è davvero difficile pensare
a ciò. Un'altra, che potrebbe anche funzionare per singoli e isolati
casi, è che un lemming cadesse dagli artigli di un rapace che lo aveva
catturato. Magari un evento del genere, se fosse capitato, poteva apparire una
conferma alla leggenda, ma è difficile dire se può averla fatta
nascere.
Poi c'era da spiegare come mai a un certo punto sparissero. Si raccontava che,
una volta che avevano devastato tutto e non c'era più nulla da mangiare,
si dividevano in due eserciti e facevano la guerra tra loro divorandosi. Si
raccontava che i lemming si impiccassero ai rami degli alberi.
E poi c'era la storia che è diventata più famosa, ovvero che arrivavano
fino al mare e si buttavano nelle acque uccidendosi volontariamente. Qualcuno
ha tentato di darne una spiegazione scientifica, ipotizzando che un tempo la
migrazione non incontrasse il mare, ma, in seguito, per qualche modifica, gli
animali lo avrebbero trovato sul loro percorso e, guidati da un istinto ancestrale,
avrebbero comunque proseguito. Non è molto convincente. Un'altra ipotesi
avanzata è che per i lemming si trattasse di un errore di valutazione:
credevano di poter attraversare a nuoto l'acqua che avevano davanti, ma l'impresa
si è rivelata troppo ardua per le loro forze. Qui qualcosa di vero c'è:
i lemming sono buoni nuotatori, ma può capitare che qualche esemplare,
durante le migrazioni, anneghi per esempio nell'attraversare un torrente (anche
se questo non significa, ovviamente, che si butti in acqua appositamente per
annegare, anzi l'intento era quello di uscire vivo dall'altra parte).
Berger Evans, negli anni '40 dello scorso secolo, scriveva che prestar fede
alla storia dei lemming che si annegano volontariamente era più un errore
da intellettuali che un errore popolare e che la maggior parte delle persone
probabilmente neppure la conosceva e, anche conoscendola, non vi avrebbe dato
attenzione.
Almeno una parte di responsabilità nel fatto che la storia è poi
diventata molto popolare ce l'ha un documentario della Disney, White wilderness.
Il documentario parla anche della migrazione dei lemming. C'è, però,
qualcosa che non va. Per cominciare i lemming sono sbagliati. Quelli che vediamo
in White wilderness sono del genere Dicrostonyx, mentre i
lemming norvegesi protagonisti delle grandi migrazioni e della storia dell'annegamento
volontario appartengono al genere Lemmus (specie Lemmus lemmus).
E' stato poi scoperto che i produttori avevano comprato un po' di lemming in
Manitoba e li hanno portati in Alberta, dove è stato girato il documentario.
Come è comprensibile, i lemming filmati non ne volevano sapere di buttarsi
giù dal dirupo, li hanno spinti giù. Si tratta insomma di un falso
documentaristico che ha alimentato il mito. Anzi, talvolta si sente dire che
il mito è nato da questo documentario, anche se ciò non corrisponde
al vero: come abbiamo visto, già esisteva da tempo. Il documentario è
un po' ambiguo sull'argomento e dice "vi racconteremo una storia che è
sia vera che falsa". Mette un po' le mani avanti. Di certo, comunque, non
sono lemming norvegesi e li hanno buttati giù loro. Poi c'è anche
uno stile cinematografico: nel documentario si buttano giù da un dirupo.
Che entrassero tranquillamente in mare da una spiaggia non era altrettanto spettacolare.
In una scena i lemming scendono lungo un dirupo. Se si guarda bene, però,
si vede qualche esemplare che riesce a puntare le zampine e a cambiare direzione.
Sembra dunque che quelli che scendono giù a capofitto più che
farlo volontariamente, non riescono a frenare la discesa sul dirupo ricoperto
di terra friabile.
Che i lemming si uccidano volontariamente durante le migrazioni è FALSO.
Gli elefanti hanno paura dei topi?
C'è chi nei secoli passati ha tentato di spiegare razionalmente questa
storia diffusa già nell'antichità. L'ipotesi è che i topolini
potrebbero infilarsi nella proboscide (questa l'ho sentita anch'io quando ero
bambino) e creare dei danni, per esempio andando a finire nei polmoni e causando
il soffocamento dell'elefante.
In una vignetta di Mark Parisi, un elefante incontra un topo, dapprima si spaventa,
poi ci pensa su un po', lo spiaccica sotto la zampa e commenta: "è
o non è sorprendente quando vecchi problemi hanno soluzioni così
semplici?" In effetti, dovrebbe essere piuttosto il topo ad aver paura
di un elefante.
E' solo una leggenda: FALSO.
Il coccodrillo vive in simbiosi con un uccello che gli pulisce i denti?
Questa storia si trova spesso anche in libri di zoologia ed è spesso
presentata come il classico esempio di simbiosi tra animali. Il coccodrillo
del Nilo vivrebbe in simbiosi con un volatile che gli entra in bocca e gli pulisce
i denti da avanzi di cibo o la bocca dalle sanguisughe. Traendo vantaggio da
questo servizio, il coccodrillo non mangia l'uccello.
Ci sono due uccelli che si contendono il ruolo di amico del coccodrillo: la
pavoncella spinosa (Vanellus spinosus) e il Pluvianus aegyptius.
La pavoncella spinosa si chiama così perché ha sulle ali una sorta
di sperone. In una versione della storia, il coccodrillo non era proprio così
propenso all'amicizia e, quando l'uccello aveva finito di fargli la pulizia
orale, cercava pure di mangiarselo, ma l'uccello colpiva con gli speroni delle
ali il palato del coccodrillo che, per il dolore, apriva la bocca e lasciava
fuggire l'uccello.
Se mettete in Google Immagini "crocodile bird" i primi due risultati
sono queste due immagini:
L'uccello di queste due immagini è il Pluvianus aegyptius.
La prima poi si ripete molte volte nei successivi risultati. Poi ci sono disegni
e anche altre foto in cui però l'amico del coccodrillo non è all'opera.
Vediamo dunque queste due.
La seconda viene dal blog
di una casa editrice di libri per ragazzi e illustra un articolo sul valore
della "sinergia". Il coccodrillo sembra in effetti un normale coccodrillo
del Nilo, ma se guardiamo bene, i denti sono un po' troppo vicini l'uno all'altro.
I denti dei coccodrilli sono in realtà distanziati e questo, tra l'altro,
rende di fatto impossibile che il cibo si incastri tra i denti, come potrebbe
accadere a noi: questo toglie credibilità a una della versioni della
storia, quella in cui l'uccello libera i denti dagli avanzi di cibo. Cercando
un po', ho trovato da dove viene questa immagine. I margini neri facevano pensare
che potesse essere un fotogramma da un video caricato su Youtube e, cercando
lì, ho trovato la fonte. Nel filmato,
uno dei volatili fa una cosa addirittura sorprendente: cammina a testa in giù
sul palato del coccodrillo. Non molto credibile. Poi arriva un ragazzo e un
Pluvianus va verso di lui attratto dai denti resi invitanti dall'uso
di un prodotto mostrato alla fine: il filmato è una pubblicità.
Gli animali del filmato non sono veri. Il coccodrillo è fatto bene, ma
se avessero consultato un erpetologo avrebbero potuto ricevere un consiglio
su come fare i denti. Tra l'altro, in una parte della mascella se li sono pure
dimenticati.
L'altra immagine viene da un altro blog
dove si parla di simbiosi. In essa vediamo come sono realmente disposti i denti
del coccodrillo, ben più distanziati. In bocca c'è l'amico Pluvianus.
Qui il particolare da guardare è la scritta in basso a sinistra: "©
Warren Photographics". Andiamo quindi a cercare il sito di Warren Photographics,
dove troviamo l'immagine
con una didascalia che dice chiaramente: "digital reconstruction of popular
myth". Si dice esplicitamente che è un fotomontaggio per rappresentare
un mito.
Dunque le due immagini che possiamo trovare come documentazione della presunta
simbiosi sono in realtà finzioni. Ben fatte, ma pur sempre finzioni.
La si trova anche in un sito in cui si propone di applicare comportamenti di
animali al management. Il titolo del sito è "The Bumble Bee",
ovvero il bombo, un insetto simile all'ape. Il nome è stato scelto perché,
secondo una storia che viene raccontata, il bombo non potrebbe volare secondo
le leggi dell'aerodinamica, ma lui non lo sa e vola lo stesso. Per l'autore
del sito è un simbolo di come nulla sia impossibile. In Italia la storia
viene raccontata con il calabrone invece del bombo. Forse "bombo"
non suonava bene, mentre "calabrone" era più altisonante. Ovviamente
dire che un animale vola contro le leggi dell'aerodinamica ha poco senso. Se
davvero volasse in contrasto con le leggi, vorrebbe dire che le leggi non sono
valide e esaurienti e vanno corrette, non che l'insetto compie qualcosa di impossibile.
In realtà, pare che la storia sia nata da una battuta di qualcuno che,
facendo i calcoli in base alle leggi, aveva ottenuto che non avrebbe potuto
volare, ma chi ha fatto la battuta era con ogni probabilità ben conscio
del fatto che il paradosso era dovuto al fatto che mancava, nel calcolo, qualche
elemento.
Tornando alla simbiosi tra coccodrillo del Nilo e Pluvianus (o pavoncella
spinosa), non abbiamo nessuna prova concreta (per maggiori dettagli sulla questione
si può vedere un articolo su "Mah") del fatto che questo comportamento
esista davvero. Nonostante i coccodrilli del Nilo siano animali ben conosciuti,
nessuno studioso è mai riuscito a raccogliere prove certe di questa simbiosi.
Può essere che il Pluvianus possa avvicinarsi al coccodrillo
e che il coccodrillo non tenti di acchiapparlo, ma non significa che sia una
prova di amicizia. Il coccodrillo piuttosto lo ignora. Una preda che può
sfuggire facilmente, su un terreno che non è il suo preferito (il coccodrillo
è un predatore più efficace in acqua). Quindi, almeno finché
non giunga qualche prova, possiamo catalogare questo rapporto come FALSO.
Una lucertola che muore su un muro resta appesa?
Cominciamo con questa immagine:
Leptoglossus occidentalis
morto, ma rimasto attaccato
alla parete
(foto dell'autore - Parè, biblioteca comunale, 2011)
Questo è un Leptoglossus occidentalis morto che resta però appeso alla parete. Se guardate le ombre, notate che non è neppure attaccato con tutte le zampe. Ma si potrà dire: che accada con un insetto è già più facile. Pesa poco. E con una lucertola? Guardiamo queste foto:
lucertola morta appesa
a un muro
(foto dell'autore - Como, Castel Baradello, 2009)
Questa è una lucertola morta appesa a un muro. L'ho vista e fotografata
io in cima al Castel Baradello e posso assicurare che era morta. La coda scende
verso il basso per la forza di gravità, anche la testa è un po'
reclinata e la postura delle zampe mostra chiaramente che il corpo cadrebbe
giù se le unghie non tenessero l'animale attaccato al muro. Ecco un fatto
che può sembrare a prima vista poco credibile, ma che è VERO.
FONTI:
Struzzo: Diodoro Siculo, Biblioteca storica, vol. I, Milano : Rizzoli, 2004, pp.566-567 (III, 51, 6); Plinio, Storia naturale, X, 1; Encyclopedia Londinensis, or Universal dictionary of arts, science, and literature, vol. XXIII, London : Jones, 1828, voce “Struthio”, pp.644-646.
Ghiottone: Olao Magno, Storia dei popoli settentrionali, introduzione, scelta, traduzione e note di Giancarlo Monti, Milano : Rizzoli, 2001, p.279.
Rane artroleptidi: David C. Blackburn, James Hanken, Farish A. Jenkins Jr, Concealed weapons: erectile claws in African frogs, "Biology Letters", 4 : 4 (23 agosto 2008), pp.355-357.
Pleurodeles waltl: E. Heiss, N. Natchev, D. Salaberger, M. Gumpenberger, A. Rabanser, J.Weisgram, Hurt yourself to hurt your enemy: new insights on the function of the bizarre antipredator mechanism in the salamandrid Pleurodeles waltl, "Journal of Zoology", 280 : 2 (2010), pp.156-162.
Lemming: George Shaw, General zoology or systematic natural history. Vol. II, part 1, Mammalia, London : G. Kearsley, 1801, pp.76-80; William Mavor, The elements of natural history, 5. ed., London : Richard Phillips, 1806, pp.97-98; M., The Norway lemming, in “The weekly visitor”, 1835, pp.441- 443; Andrew Crichton – Henry Wheaton, Scandinavia : ancient and modern, Edinburgh : Oliver & Boyd, 1839, vol. II, p.414; James H. Fennell, A natural history of British and foreign quadrupeds, London : Joseph Thomas, 1841, pp.353-355; L[lewelyn] Lloyd, Scandinavian adventures, during a residence of upwards of twenty years, 2. ed., London : Bentley, 1854, pp.66-81; Bergen Evans, Storia dei luoghi comuni, Milano : Longanesi, 1948, pp.82-83; G. O. Batzli, Populations and energetics of small mammals in the tundra ecosystem, in Tundra ecosystems : a comparative analysis, ed. by L[awrence] C. Bliss, O. W. Heal, J[ohn] J.Moore, Cambridge – New York – Melbourne : Cambridge UP, 1981, pp.377-396; Karl Kruszelnicki, Great mythconceptions : the science behind the myths, Kansas City : Andrews McMeels, 2006, pp.39-42.
Elefante e topo: Plinio, Storia naturale, VIII, 10; Garcia de Orta, Aromatum, et simplicium aliquot medicamentorum apud indos nascentium historia, tr. lat. di Charles de l’Escluze (Clusius), 1567 (ed. orig. 1563), p.70; cit. in John Donne, The satires, epigrams, and verse letters, edited with introduction and commentary by W[esley] Milgate, OUP, 2000 (1.ed.: 1967), p.185; A. M. [Allan Mullen], Anatomical account of the elephant accidentally burnt in Dublin on Friday, June 17. in the year 1681, London : Sam. Smith, 1682, pp.34-35; John Ray, The wisdom of God manifested in the works of the Creation, 8. ed., corrected, London : William and John Innys, 1722, p.332.
Coccodrillo: Giorgio Castiglioni, Lo spazzolino del coccodrillo, "Mah", n.21, settembre 2010, pp.1-3.
Giorgio Castiglioni, bibliotecario a Parè e Moltrasio,
è redattore di "Mah".
Comunicazioni: mah.giorgio AT gmail.com