LEGGENDE IN BIBLIOTECA
Gli scolari di Moltrasio vanno in biblioteca per conoscere le leggende.
L'iniziativa è nata nel 2006 da una proposta della maestra Lorenza Tettamanti, accolta con piacere dal bibliotecario Giorgio Castiglioni. Gli alunni della terza elementare del paese si sono recati in biblioteca tre volte per ascoltare altrettante leggende del lago di Como, partendo da quella della bella Ghita che ha per protagonista una ragazza di Moltrasio (la Ghita, appunto) e passando poi alla chiesa sommersa di Lenno e al lariosauro.
Nel 2007 la classe, diventata ovviamente una quarta elementare, sempre con la maestra Lorenza, è tornata in biblioteca per altre tre leggende. Da Moltrasio e dal lago di Como si è passati al resto dell'Italia, con leggende del nord (l'uomo selvatico), del sud (le metamorfosi del principe-serpentello e dei lupi mannari) e del centro (la storia di Zvan fort). Le tre leggende lacustri sono state riproposte alla nuova terza elementare (con il maestro Salvatore Fallea). La visita in biblioteca dei ragazzi (età della scuola primaria) del Centro Estivo il 26 giugno 2007 ha offerto l'occasione per raccontare un'altra leggenda. Per il 2007 il Centro Estivo aveva come tema i cinque sensi e il martedì era dedicato all'olfatto. Così il bibliotecario ha scelto la storia del profumo della pantera.
Nell'anno scolastico 2007-2008 è stata ripetuta l'iniziativa riproponendo le leggende lariane per la terza e le leggende italiane per la quarta e presentando alla quinta alcune leggende di altri paesi del mondo: Till Eulenspiegel, Dobrynja e il drago, le pietre di Ica e le linee di Nazca, draghi e serpenti del Regno Unito. Una leggenda gallese assomiglia molto a una storia di Moltrasio e così il lavoro triennale sulle leggende, partito da Moltrasio, è ritornato a Moltrasio. Anche quest'anno, giornata con la leggenda anche per il Centro Estivo di Moltrasio. Si è parlato della presunta capacità del camaleonte di cambiare colore adeguandosi allo sfondo. E' una convinzione diffusa, ma inesatta: il camaleonte può cambiare colore, ma non per mimetismo.
Anno scolastico 2008-2009. Ancora leggende per le tre classi della scuola primaria di Moltrasio secondo il consueto programma: leggende lariane per la terza, leggende italiane per la quarta, leggende dal mondo per la quinta.
Le leggende
Leggende del lago di Como
La bella Ghita
Ghita (diminutivo di Margherita) era una bella e brava ragazza di Moltrasio.
Un giorno si era recata a trovare dei parenti nel confinante paese di Cernobbio.
In buona compagnia, il tempo era passato veloce ed era arrivata la sera. La
Ghita si incamminò verso casa, ma arrivata nella località chiamata
Pizzo si imbatté in un malintenzionato che era in giro a quell'ora tarda.
Secondo una versione della leggenda, si trattava di un contrabbandiere, uno
svizzero soprannominato Tita. La ragazza cercò di sfuggire al losco personaggio,
ma finì che caddero entrambi nel dirupo che scendeva verso il lago. La
Ghita invocò la Madonna e fu salvata: le sue vesti si impigliarono nei
rami di una pianta e la trattennero. Così chi, sentendo le sue grida,
arrivò sul posto poté portarla in salvo. Il cattivo, invece, precipitò
nelle acque del lago e non fu più visto. Si narra però che sul
luogo venne vista in seguito una fiammella che si muoveva: era l'anima dannata
del malvagio personaggio?
Possiamo trovare la leggenda della Ghita già in un libro di Curti del
XIX secolo. Qualche anno prima era stata pubblicata anche da un periodico comasco:
le vicende e i luoghi sono gli stessi, ma la protagonista nella versione offerta
da questo giornale, invece che Ghita, si chiama Teresina.
La storia della bella Ghita ha avuto una curiosa appendice nel 1946, quando
il "Corriere Comasco" (che ogni tanto pubblicava qualche notizia inventata:
a poco prima risale la sua più celebre creazione, il "mostro"
del lago di Como) scrisse che una medium di Bologna aveva trovato un contatto
con il fantasma della Ghita. E pubblicava pure una foto!
* Per saperne di più: La bella Ghita
La chiesa sommersa di Lenno
Si racconta che a Lenno, in prossimità del lago, c'era secoli fa una
chiesa che poi finì sommersa. Si dice che nei giorni in cui soffia il
vento sul lago, si sentano degli strani rintocchi di campane: sarebbero quelle
della chiesa scomparsa.
Solo una leggenda? C'è chi è convinto che nella storia qualcosa
di vero ci sia. Recentemente è stata costituita anche una "Compagnia
della campana" che si propone di promuovere le ricerche. Tra i sostenitori
c'è anche il cantautore laghèe Davide Bernasconi, in
arte Van de Sfroos.
Sembra che sul fondo del lago si sia visto qualche pezzo di pavimentazione e
recentemente è stato portato in superficie un oggetto che si è
creduto essere un'acquasantiera.
Qunado studi geologici hanno mostrato che le rive del lago, secoli addietro,
furono colpite in un paio di occasioni da terribili onde anomale, qualcuno ha
ipotizzato che potesse essere stato uno di questi eventi a spazzare via la vecchia
chiesa, un'ipotesi che anche il direttore dei Musei Civici di Como Lanfredo
Castelletti ha reputato non impossibile.
Di dimostrato ancora non c'è nulla, ma senza dubbio l'interesse per la
leggenda della chiesa sommersa è cresciuto.
Da Porlezza, invece, arriva la storia della locomotiva
perduta. Nel 1911 lo straripamento del torrente Rezzo trascinò
in fondo al lago una locomotiva della linea che allora correva da Menaggio a
Porlezza.
Il lariosauro
C'è
un lariosauro che è realmente esistito. E' un rettile del triassico scoperto
nel XIX secolo. I primi resti fossili sono stati trovati a Perledo, nei pressi
del lago di Como e da questo ha ricevuto il suo nome (lariosauro significa "rettile
del lago di Como"), anche se quando vivevano i lariosauri il lago di Como
non esisteva. Lo stesso nome è stato usato nel 1946 dal "Corriere
Comasco" per un mostro che aveva inventato in un suo articolo. Anche se
si trattava solo di un'invenzione, il mostro ebbe un notevole successo: ne parlò
la stampa locale e nazionale, le agenzie di stampa lo portarono anche all'estero
e fu citato in una storia di Paperino. In seguito si è parlato ancora
di strani animali nel lago di Como. Nel 1954 un uomo di Argegno e suo figlio
videro nel lago una strana bestia lunga un'ottantina di centimetri con muso
arrotondato e zampe palmate: la descrizione fa pensare a una lontra, animale
allora presente sul Lario. Nel 1957 si parlò di un enorme mostro apparso
tra Dongo e Musso (una "bufala" del quotidiano che pubblicò
la notizia) e di un più piccolo animale, lungo tra i 60 e i 120 centimetri,
con muso simile a quello di un coccodrillo (poteva essere un luccio?). Nel 1965
ci fu pure un mostro di gomma messo per scherzo nel lago. Nel 2003 una persona
sostenne di aver visto una specie di anguilla lunga come due pullman: un gruppo
di pesci che nuotava compatto dando l'impressione di essere un solo, lunghissimo
animale?
* Per saperne di più: Incontro con il
lariosauro.
Il lucertolone delle montagne
Agli
inizi del XIX secolo, il naturalista Carlo Amoretti, ascoltando quel che la
gente raccontava, si era convinto che sui monti intorno al lago di Como vivessero
grossi lucertoloni, lunghi forse anche più di due metri, dotati di corte
zampette (quattro, secondo alcuni, ma solo due secondo altri). Stando a quanto
si raccontava, sarebbero stati velenosi addirittura con l'alito e lo sguardo,
ma a questo Amoretti ovviamente non credeva. Credeva però che andassero
veramente a succhiare il latte alle mucche. Di grosse lucertole con zampe corte
e coda tozza si parla anche altrove sull'arco alpino e il naturalista Francesco
Cetti, di origini lariane, raccolse una descrizione simile per il leggendario
scultone della Sardegna. Tolti alcuni aspetti inverosimili, come il
fatto che potessero causare danni con lo sguardo o che succhiassero il latte
alle mucche, un animale come quello descritto potrebbe anche esistere. Tuttavia
la totale assenza di ogni prova materiale ci convince che il rettile appartiene
solo al mondo della leggenda.
* Per saperne di più: Giorgio
Castiglioni, Un misterioso lucertolone
Leggende italiane
L'uomo selvatico
Lungo
le Alpi (ma anche in certe zone dell'Appennino) si racconta che sui monti vivesse
l'uomo selvatico. Ricoperto da folto pelo, era una creatura intelligente, anche
se ingenuo e semplice. Secondo la leggenda, fu lui ad insegnare agli uomini
la lavorazione del burro e del formaggio. Da lui gli uomini avrebbero potuto
imparre a trarre profitto anche dal siero del latte, ma c'è sempre un
evento che lo impedisce. In una versione della leggenda, per esempio, gli uomini,
ingrati, lo deridono e il selvatico se ne va offeso. In un'altra versione, alcuni
ragazzacci gli fanno uno scherzo stupido arroventando le pietre su cui si sedeva
quando dava i suoi insegnamenti: il selvatico, con il fondoschiena scottato,
corre via e non si fa più vedere.
Si racconta (e i poeti Fazio degli Uberti e Matteo Maria Boiardo lo hanno messo
in versi) che l'uomo selvatico sia triste quando c'è il bel tempo perché
pensa che poi arriverà quello cattivo ed è invece allegro quando
c'è il maltempo perché sa che cesserà e arriverà
il bello. Nella leggenda, ciò dovrebbe essere una prova di saggezza,
ma gli alunni della quarta elementare di Moltrasio dell'anno 2006-2007 hanno
espresso parere diverso: quasi all'unanimità (un solo voto contrario)
hanno decretato che in questo caso il selvatico dà prova, piuttosto,
di essere tonto.
* Per saperne di più: Giorgio
Castiglioni, L'uomo selvatico in Italia.
Giovanni il forzuto
In Emilia Romagna si racconta la storia del ciabattino Zvan fort (Giovanni il
forzuto). Zvan, vedendo posarsi sulla ricotta che ha appena comprato un nugolo
di mosche, sbatte una pietra sul formaggio uccidendo più di cinquecento
mosche. Ritenendola un'impresa degna di essere celebrata, scrive su un cartello
che ha fatto cinquecento vittime con un solo colpo, se lo mette al collo e gira
per il mondo. Gli abitanti di un paese, credendo che il numero di cui parla
il cartello si riferisca a uomini, pensano che Zvan sia la persona adatta per
liberarli da un terribile gigante. Il compito è arduo, ma il ciabattino
non si perde d'animo e con la sua astuzia riesce a sconfiggere il gigante.
La storia dell'ammazzagigante è molto diffusa. Nella versione più
conosciuta il protagonista è un sarto e le mosche uccise sono "sette
in un colpo". La storia ha ispirato anche un cartone animato con Topolino.
* Confronto tra le versioni e bibliografia
Metamorfosi: il principe serpentello e i lupi mannari
Sin dai tempi antichi, molte leggende hanno a che fare con trasformazioni.
Una leggenda abruzzese racconta che una vecchina, mentre cercava legna nel bosco,
trovò un serpentello initirizzito e lo portò a casa, allevandolo
come un figlio. Un bel giorno, il serpentello si trasforma in un ragazzo: si
scoprirà che era un principe mutato in serpe dall'invidia di un mago
malvagio.
La metamorfosi più nota è quella dei lupi mannari, ben presenti
nel folclore dell'Italia meridionale. Si racconta che i lupi mannari nascano
la notte di Natale e si trasformino di notte, quando c'è la luna piena.
Secondo una versione, la trasformazione in lupo mannaro può essere prodotta
con una polvere speciale. Come salvarsi da un lupo mannaro? Salendo le scale,
dice la tradizione siciliana: la terribile creatura, infatti, non sarebbe in
grado di fare neppure un gradino o, secondo una versione più prudente,
non più di tre.
* Lupi mannari - scheda a cura di Giorgio Castiglioni.
Il basilisco
Esiste un rettile chiamato basilisco, ma non ha nulla a che vedere con il basilisco
di cui parlano le leggende.
Una di queste è quella del basilisco di Mezzocorona, con cresta, ali
da pipistrello e una bava che incendiava quello su cui cadeva. Il prode Firmiano,
attiratolo con il latte, di cui era ghiotto, lo trafisse con lancia. Quando
però lo alzò come un trofeo, ancora infilato sulla lancia, il
sangue della bestia cadde su di lui uccidendolo. Meglio era andata a san Siro
che, avendo saputo dell'inquietante presenza di un basilisco in un pozzo a Santa
Margherita Ligure, aveva ordinato alla bestiaccia di uscire e di andare a gettarsi
nel mare, facendolo così affogare (anche un'altra leggenda parla della
presenza di un basilisco in un pozzo, a Vienna). Ai basilischi era attribuito
anche il potere di incenerire con il solo sguardo e Dario Fo ha scritto un storiella,
ispirata da una scultura sul duomo di Modena, su un basilisco che pietrifica
con lo sguardo i leoni per poi venderli come ornamenti alle cattedrali.
E i basilischi esiccati? In realtà si tratta di razze tagliate e modellate
per fare assumere loro forme strane.
Un discendente del basilisco è il gall bisaresch, un serpente
con la cresta presente anche nel folclore lariano.
Leggende dal mondo
Till Eulenspiegel
Till
Eulenspiegel è un personaggio della tradizione tedesca che ama farsi
beffe di tutti e creare scompiglio. Nel XIX secolo è stato anche il protagonista
di un romanzo di Charles De Coster in cui diventa un eroe della lotta del popolo
fiammingo contro il dominio spagnolo sui Paesi Bassi e contro l'intolleranza
religiosa. Il compositore Richard Strauss ha dedicato una sinfonia ai "tiri
burloni di Till Eulenspiegel". Gerhard Hauptmann ha scritto un poema su
Till. La "puntata" su Till si è conclusa con l'inserimento
di una voce su questo
personaggio nella Wikipedia in italiano. Un utente di Wikipedia, Vermondo,
ha lasciato un simpatico messaggio
di complimenti ai nostri alunni.
Dobrynja e il drago
La leggenda di Dobrynja e il drago è ambientata in Ucraina. Il prode
Dobrynja è un giovane che, dopo aver ucciso diversi draghi, si trova
a dover affrontare la loro terribile madre. Quando quasi è riuscito a
sopraffarla, la bestia lo supplica di lasciarla viva: in cambio non darà
più noie a nessuno. Pensando alla proposta, Dobrynja allenta un poco
la presa e la dragona riesce a divincolarsi e a fuggire. Quando torna in città,
il giovane scopre che la bestia ha rapito la principessa Zabava. Il re incarica
Dobrinja di andare a salvarla. Il giovane monta sul cavallo che era stato di
suo padre e si lancia in corsa. Dopo un epico combattimento, ovviamente, ucciderà
la dragona e salverà la principessa.
Le pietre di Ica e le linee di Nazca
Le
pietre di Ica sono dei sassi su cui sono rappresentate scene che dimostrerebbero
che c’erano uomini ai tempi dei dinosauri e che questa antichissima civiltà
era in grado di compiere complesse operazioni chirurgiche e aveva mezzi per
volare. I nostri alunni, però, ormai abituati a trattare con le leggende,
hanno cominciato ad osservare alcune incongruenze. Per esempio: se quella civiltà
era così evoluta, perché, secondo quanto si vede in un disegno,
attaccavano i dinosauri con delle semplici armi da taglio? Insomma, ai ragazzi
sembrava una bufala. E, ovviamente, avevano ragione: le pietre sono dei falsi
prodotti da contadini e la “patina” che le faceva apparire antiche
era in realtà l’effetto dell’azione corrosiva dello sterco
di gallina: i falsari, dopo averle incise, le mettevano a questo fine nel pollaio.
Le linee di Nazca, invece, sono autentiche. Si tratta, come è noto, di
gigantesche figure tracciate sul terreno e visibili in maniera completa solo
dall’alto. Secondo alcuni autori, non era dunque possibile eseguirle senza
che qualcuno dirigesse i lavori dall’alto. E’ stato ipotizzato l’uso
di una sorta di mongolfiera. Qualcuno, però, è andato ben oltre,
chiamando in causa astronavi ed extraterrestri. Ma è proprio vero che
è impossibile tracciare disegni così grandi senza essere diritto
da qualcuno che osserva i lavori dall’alto? Lo studioso scettico Joe Nickell
ha suggerito che i disegni potessero essere stati fatti semplicemente con l’ausilio
di corde. Così i nostri alunni, con il bibliotecario e la maestra Lorenza,
hanno provato a riprodurre il disegno della lucertola utilizzando questo metodo,
utilizzando lo spago per fare le misure e srotolando carta igienica per simulare
il tracciamento delle linee. E la lucertola ha preso forma
sul pavimento.
Draghi e altre creature dal Regno Unito... con ritorno
a Moltrasio
Una nota leggenda inglese è quella del Lambton Worm. Questa bestia dall’aspetto
ripugnante era stata pescata da John Lambton in un fiume e da lui era stata
gettata in un pozzo. John era poi partito per la Terra Santa e, tornato dopo
sette anni, aveva scoperto che la bestia era cresciuta a dismisura e creava
problemi enormi agli abitanti. Difeso da una speciale armatura ricoperta di
punte acuminate, John aveva affrontato e sconfitto il drago. Come già
con Till Eulenspiegel, il lavoro sul Lambton Worm si è trasformato anche
in una voce per Wikipedia.
Anche More di More Hall affrontò il suo avversario, il terribile e alquanto
puzzolente drago di Wantley, con un’armatura sulla quale aveva fatto saldare
delle punte che lo rendevano simile a un porcospino. More finisce poi il drago
con un poderoso calcio nel sedere: a volte i metodi più semplici sono
quelli più efficaci.
Rettile benefico era invece il Re Serpente che si era stabilito con la sua corte
inuna fattoria della Vale of Taff, nel Galles, assicurandole la prosperità.
Quando il proprietario muore, l’erede, vedendo il Re Serpente, lo uccide
e la fattoria si avvia al declino. Questa storia assomiglia a una che si racconta
a Moltrasio, nella quale un uomo dà del latte a un serpente e riceve
in cambio della sua gentilezza delle monete d’oro. Il fratello, che non
lo sa, quando nota il serpente lo uccide. “Hai ucciso la mia fortuna”
gli dice sconsolato l’altro. Partito da Moltrasio, quindi, il viaggio
attraverso le leggende si è concluso, dopo un giro per il mondo, ritornando
a Moltrasio.
Leggende in biblioteca per il Centro Estivo di Moltrasio
2007 - Il profumo della pantera
Nell'antichità si raccontava che la pantera aveva un buonissimo odore.
Le bestie selvatiche, con l'eccezione del drago, amavano tanto quel profumo
che incautamente si avvicinavano alla belva, che se ne stava nascosta per non
mostrare il muso, che incuteva invece terrore. Quando le sue prede erano abbastanza
vicine, la pantera saltava fuori e le divorava. Ne scrive tra gli altri Plinio
il Vecchio (Historia naturalis, VIII, 23, 62) che parla anche di un
profumo prodotto a Tarso che si chiamava pardalium (XIII, 6). Questo
nome, dice una nota di una edizione dell'opera, "sembra da fare risalire
a quelle della pantera (in greco pàrdalis)" con riferimento
alle leggenda del buon odore della bestia (Storia naturale, vol. III
- 1, Torino : Einaudi, 1984, p.93).
Il Physiologus definiva l'odore della pantera "un profumo soave
più di tutti gli odori". I bestiari medievali lo esaltavano: "come
di balsamo o spezie" (Bestiario di Philippe de Thaün, v.484), "né
balsamo né incenso né spezie fragranti / profumano così
di buono come il suo fiato" (Bestiario di Gervais, vv. 153-154), "un
alito profumato simile all’amalgama di molti aromi" (Bestiario di
Cambridge).
* Fonti: Bestiari medievali, a cura di Luigina Morini, Torino : Einaudi,
1996, pp.55, 138-139, 298-301, 448, 500; Il Bestiario di Cambridge : il
manoscritto II, 4, 26 della Cambridge University Library, Milano : Franco
Maria Ricci, 1974, p.55; Le proprietà degli animali, Genova
: Costa & Nolan, 1983, pp.65-66 (Bestiario moralizzato di Gubbio),
290-293 (Libellus de natura animalium), 466-467 (scheda sulla pantera
di Annamaria Carrega); A.-J. Festugière, Le Bx Suso et la panthère,
in “Revue de l’histoire des religions”, CXCI (1977), pp.81-84.
2008 - Il colore del camaleonte
Più di un libro per ragazzi racconta le imprese di camaleonti che possono
cambiare istantaneamente colore per assumere quello dello sfondo. Un esempio
è il camaleonte Pustola, amico di Geronimo Stilton. Pustola era stato
una spia dei troll e in questa attività era aiutato dalla straordinaria
capacità di diventare del colore di ciò su cui si posa. Secondo
la spiegazione che Geronimo dà ai suoi giovani lettori il camaleonte
può “nascondersi nell’ambiente cambiando colore a seconda
di ciò che si trova attorno” (Nel regno della fantasia,
Casale Monferrato : Piemme, 2003, p.276 – lo ribadisce nel seguito, Alla
ricerca della felicità, Casale Monferrato : Piemme, 2005, p.37:
“I camaleonti sanno mimetizzarsi, cioè confondersi con l’ambiente
che li circonda, diventando di ogni colore!”). Nonostante quel che dice
Geronimo, però, la capacità dei camaleonti di assumere il colore
di ciò su cui è posato è una convinzione diffusissima,
ma errata. Che i camaleonti possano cambiare colore è vero, ma per altre
cause (per esempio se la bestiola è attaccata), non per adeguarsi al
colore dello sfondo.
* Per saperne di più: Colori da camaleonte