BIBLIOTOPIA > DAL MONDO DELLE BIBLIOTECHE
TRA CENSURA E TUTELA
Giusta l’assoluzione della bibliotecaria
di Fanano,
ma le campagne sulla “censura”
non convincono
di Stefano Rai
con la collaborazione di Giorgio Castiglioni
(da "Il topo di biblioteca", n.38, luglio 2005, p.2)
Nel 2000 una ragazzina di quasi quattordici anni va in biblioteca a Fanano,
un paesino in provincia di Modena, e “per scherzo” – dichiara
lei stessa oggi – prende in prestito un libro di Virginie Despentes dal
titolo piuttosto esplicito (Scopami, pubblicato da Einaudi). Il libro
gira tra i compagni che cercavano “a casaccio le parolacce, per riderci
su”. Il libro finisce nelle mani della madre di uno dei ragazzi che si
rivolge ai carabinieri. La bibliotecaria viene condannata, nel 2003, al pagamento
di una multa di 1187 euro per diffusione di materiale osceno, sentenza contro
la quale fa ricorso. La vicenda si è ora conclusa con la piena assoluzione
della bibliotecaria (ora ex bibliotecaria).
Sul libro non era indicato alcun divieto e quindi la decisione è ineccepibile.
A ragione l’IFLA (International Federation of Library Associations and
Institutions) si era detta “profondamente preoccupata per questo tentativo
di incriminare il lavoro dei bibliotecari”. Se questa presa di posizione
sulla non punibilità del bibliotecario in assenza di un divieto esplicito
è del tutto condivisibile, lascia perplessi, invece, la campagna contro
la “censura” lanciata dall’IFLA e dall’AIB (Associazione
italiana biblioteche).
Il documento dell’IFLA ora citato prosegue parlando del “diritto
degli utenti delle biblioteche ad avere accesso a risorse e servizi rilevanti
senza alcuna restrizione e senza alcuna forma di censura”. E ancora: “il
ruolo delle biblioteche e del loro personale è di sostenere e promuovere
i principi di libertà intellettuale e fornire un accesso senza divieti
all’informazione – senza alcuna restrizione e opponendosi a qualunque
forma di censura”.
Sulla stessa linea è l’AIB. Il presidente Mario Guerrini ha dichiarato:
“La censura è una pratica che caratterizza i regimi dittatoriali;
il livello di accesso alle informazioni è un indicatore della democrazia.
La biblioteca non può e non deve applicare forme di censura. In nessun
caso il bibliotecario - secondo il Codice deontologico elaborato dall’Associazione
Italiana Biblioteche - potrebbe negare accesso a un libro, salvo che il volume
non rechi sulla copertina un formale divieto ai minori o che non sia stato sequestrato
dalla magistratura”.
Che in assenza di un divieto formale non si possa “incriminare il lavoro
dei bibliotecari” è affermazione, come già abbiamo detto,
del tutto condivisibile. Ma dire che “in nessun caso il bibliotecario
[…] potrebbe negare accesso a un libro” è un’affermazione
assai discutibile. Quando si tratta di minorenni “restrizione” non
è affatto sinonimo di “censura”. “Negare l’accesso
al libro”, nel caso di minori e di libri non adatti alla loro età,
è questione di tutela e non di “censura”.
Gli interventi dell’IFLA e dell’AIB ci sembrano viziati da un eccesso
di ideologia che fa perdere di vista il caso concreto. Mostrando un maggior
buon senso, la ragazzina (ora diciannovenne) protagonista della vicenda ha distinto
i due aspetti (non punibilità / possibilità di restrizioni al
prestito per i minori). “Non saprei dire in realtà se andrebbe
prestato a persone così giovani oppure no” ha detto aggiungendo
che però “non ha molto senso che condannino la bibliotecaria...”
Alessandra Baduel, La piccola fatwa nata da un libro in prestito,
in “La Repubblica”, 11 giugno 2005 (testo in rete: http://www.cedoc.mo.it/Repubblica01.php).
AIB, Per il diritto all’informazione, contro ogni censura, http://www.aib.it/aib/cen/cens.htm.
IFLA, Censorship in Italy : a librarian on trial on the 17th of June,
dichiarazione per la stampa del 10 giugno 2005, http://www.ifla.org/V/press/pr10-06-2005.htm.